Ciao! Come stai?
Dunque, Youtube non è mai stato il mio habitat naturale. Ne riconosco l’enorme potenziale, ma continuo a viverlo più come spettatore incostante che come utente assiduo. Ogni tanto mi riprometto di usarlo più spesso ma poi nada. Quindi questo articolo ti potrebbe apparire intriso di bias, ma proprio in quanto consumatore occasionale c’è una cosa che mi salta all’occhio più velocemente ogni volta che lo apro. Certi schemi (o meccanismi narrativi) sono quasi sempre gli stessi.
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Nel copywriting vengono chiamati template o, se preferisci un termine più elegante, formule. Il marketing digitale, in fin dei conti, è stato costruito su queste fondamenta, ma forse è proprio per questo che ultimamente viene guardato con sospetto dai creativi più radical chic. Ma funzionano e funzionano maledettamente bene, e ci sono nicchie che ne sono più ghiotte di altre. Tipo quella del gossip o della beneficenza (forse sarebbe meglio dire dello spiattellamento della beneficienza, Mr Beast docet).
La formula infallibile per antonomasia, comunque, resta quasi sempre quella relativa ai dinè, piccioli, schéi. Qui in Italia (ma anche altrove visto che abbiamo importato sta cosa dagli States) il numero magico è diecimila.
"Impara il copywriting persuasivo e guadagna 10k al mese".
"Scopri come vendere il tuo prodotto high ticket ai clienti altospendenti e guadagna 10k al mese".
Anche se possono esserci sottili variazioni sul tema, alla fine il succo resta sempre quello. La verità scomoda è che questi titoli, per quanto ripetitivi e potenzialmente ingannevoli, funzionano, perché parlano ai nostri desideri più reconditi. Gli scammer lo sanno bene. Anzi, se c'è qualcuno che conosce davvero l’essenza del marketing sono proprio loro.

Quindi ben vengano le formule, se queste funzionano.
C'è un paper interessante che analizza proprio l'efficacia dei titoli clickbait. Per farla brevissima, questi generano in media molti più click in più rispetto ai titoli informativi tradizionali e che il nostro cervello è cablato per rispondere alla curiosità, all'urgenza e alla promessa di ricompensa facile. Quindi ahimè, questi titoli continueranno a funzionare. Ed è proprio per questo motivo che tutti (o quasi) i titoli su Youtube sono ingegnerizzati per far leva su quel tipo di desiderio.
Ecco che un titolo come “Viaggio nell’ultimo paese sovietico” si trasforma in “Viaggio nell’ultimo paese sovietico (che non ti aspetti)”. Perché? Perché non me lo dovrei aspettare? Fammi scoprire di che si tratta.
Non è cinismo, è che siamo fatti così. E forse, riconoscerlo è il primo passo per non cascarci. O almeno, per cascarci consapevolmente.
Dicevo che YouTube non lo bazzico spesso. O non come altri miei amici, conoscenti o familiari (mia mamma è un’insospettabile divoratrice di video di haul). Non sono solito restarci per più di 15/20 minuti al giorno. Ma è capitato di trovare tra i suggeriti un titolo che stuzzicasse la mia curiosità e che mi spingesse a cliccare (pentendomene subito dopo). Perché Youtube oggi è, a tutti gli effetti, un gigantesco luna park dove ogni giostraio urla più forte dell’altro per attirare la tua attenzione. E il teatrino funziona ancora, anche se meno di una volta. Secondo uno studio del Mozilla Foundation, il 71% degli utenti di YouTube ha dichiarato di imbattersi regolarmente in contenuti che non corrispondono a quanto promesso dal titolo o dalla thumbnail.
Maiuscole strategiche, promesse mirabolanti, facce stupefatte. Qui poi ci sarebbe da aprire un capitolo a parte, ma per tua comodità ne avevo già scritto tempo fa:
La cosa che mi disturba maggiormente non è l'esagerazione in sé. È che dietro questi titoli urlati à la Baffo da Crema spesso si nascondono contenuti mediocri, riciclati, a volte pericolosi. Ma l'algoritmo premia il click. E così creator che magari hanno cose interessanti da dire si trovano costretti a partecipare a questa gara al ribasso comunicativo.
Davvero, questa è l’unica strada per avere visibilità e far conoscere i propri contenuti?
Anche perché l’intelligenza artificiale non migliorerà certo le cose. Strumenti come ChatGPT o Claude possono generare centinaia di titoli clickbait in pochi secondi con un solo prompt, ottimizzati per favorire l'engagement. E le thumbnail possono essere create automaticamente con espressioni facciali studiate per triggerare precise risposte. La piattaforma di MrBeast Viewstats è stata sviluppata proprio con questo scopo: industrializzare la manipolazione cognitiva.
Forse il punto è che gli youtuber sono stati abili ad hackerare il nostro cervello, nel profondo. E questo come conseguenza ha costretto tanti autori, brand, creator, videomaker a modificare il proprio lessico comunicativo così da renderlo Youtube-friendly, ma di fatto erodendo contestualmente la qualità del prodotto finale.
E chi paga il prezzo più alto? Non certo quelli come me o te, che forse nel tempo abbiamo sviluppato una sorta di cinismo da autoprotezione. No, sono i ragazzini che si approcciano per la prima volta al web o gli anziani che magari cercano informazioni sulla propria salute. E tutte quelle persone più vulnerabili che non hanno gli strumenti per comprendere che quel metodo rivoluzionario per fare soldi online non è la soluzione ai loro problemi economici.
Pochi giorni fa è uscito il report Media Literacy di AGCom e la fotografia che ne emerge in Italia è piuttosto agghiacciante. Non tanto per la quantità di tecnologia presente nelle nostre case (oltre il 90% con accesso quotidiano a internet, e gli smartphone sono ormai un’appendice della nostra mano), quanto per l’evidente scollamento tra utilizzo e comprensione. Ci informiamo, comunichiamo, scrolliamo per ore…ma senza saper distinguere un’opinione da un fatto. Ma il dato che fa più rumore è quello sull’alfabetizzazione algoritmica: solo il 7% degli italiani ha un livello ottimale, mentre il 64,6% ha competenze nulle o scarse.
La consapevolezza dei rischi c’è, visto che più di 4 italiani su 10 si dicono molto preoccupati da hate speech, sfide social, revenge porn, deep fake, cyberbullismo, fake news… Ma a questa inquietudine fa da contraltare un atteggiamento passivo, visto che solo metà degli utenti si limita a evitare il contenuto o direttamente la piattaforma.
Mia madre, ottantadue anni, l’altro giorno mi ha chiamato con fare piuttosto concitato per raccontarmi di un video visto su YouTube. In quest’ultimo una ragazza sosteneva che cliccando su un link segreto di Douglas si potevano acquistare profumi di marca a soli tre euro, confessando di regalare questo trucco al pubblico, dopo che il colosso del beauty aveva deciso di licenziare sua madre (purtroppo non sono riuscito a recuperare il video originale). Ci sono voluti 20 minuti per spiegarle che no, non esistono link segreti di Douglas e che nessuno è disposto a venderti profumi a 3 euro, così tanto per...
Quindi il clickbait non è solo fastidioso. È proprio pericoloso, e crea un ambiente tossico dove diventa sempre più complesso distinguere il vero dal falso, il genuino dal manipolatorio. E Youtube non sta facendo assolutamente nulla (o non abbastanza) per cercare di arginare il problema.
Esistono alternative? Certo che sì. Piccole, fragili, spesso ignorate, ma ci sono.
Nebula, ad esempio. Una piattaforma di streaming creata direttamente dai creator, dove non c'è algoritmo che spinge alcun sensazionalismo. Oppure Substack. Sì, anche qui c'è qualcuno che tende ad alzare la voce, ma la natura del formato (newsletter, articoli lunghi) premia sostanzialmente più il contenuto che il packaging. Poi ci sono creator che hanno scelto consapevolmente di non giocare allo stesso gioco degli altri. Autori come Francesco Oggiano o Lucy sulla cultura usano titoli descrittivi e miniature chiare ed i contenuti rispettano le promesse fatte. Magari non sono i più grandi canali di YouTube, ma sono tra i più piacevoli da guardare.
Forse, e dico forse, sta emergendo una contro-cultura. Persone stanche del rumore che cercano sostanza. Creator che si rifiutano di urlare. Perché alla fine, il vero trucco che chi fa clickbaiting non vuole che tu sappia (no pun intended) è proprio questo: nessuno ha bisogno di loro.
E no, il più delle volte non c’è bisogno di cliccare su quella miniatura con la faccia stupefatta.
L’ultimo post di
racconta, con spietata ironia, cosa succede quando l’identità di un prodotto diventa più rigida di chi lo consuma. E perché oggi il vino, se vuole sopravvivere, deve imparare a parlare come la gente, e alla gente. È tutta questione di inclusione.- l’ha fatta di nuovo! Nel senso che ha pubblicato una mega guida sui subscription models e non te la puoi perdere.
Un’altra guida, piuttosto approfondita, su come sfruttare le modalità Deep Research presenti in ChatGPT, Claude, Perplexity, Grok e compagnia bella.
Le persone si fidano di più delle pubblicità degli influencer che di quelle tradizionali? A quanto pare no. O non più come una volta.
- fa Rei Inamoto e ci spiega le 7 tipologie del marketing moderno.
Intanto un punto di vista originale di
: se l’IA sta già superando l’uomo in capacità tecniche e, in alcuni casi, persino in gusto, solo uno spazio potrebbe rimanere davvero di nostra competenza, ed è la volontà. In soldoni, l’IA può prevedere, imitare, eseguire ma non può volere una determinata idea, concetto o design.Non ho ben compreso cosa questo significhi, ma Oakley ha appena nominato Travis Scott come Chief Visionary.
PromptPerfect è una piattaforma di prompting assistito, che trasforma la tua query scadente in qualcosa di preciso ed efficiente, sfruttando al meglio le specificità dell’IA che desideri utilizzare.
UltiMaps è perfetta per creare mappe di tutti i tipi. Importa dati da dove vuoi (Google Drive, Excel, Airtable, ecc.), scrivi il tuo prompt e, voilà, crea una map visualization in un attimo.
Meco è dove posso godermi le mie newsletter preferite fuori dalla casella email in tutta calma, leggendole in modo più pulito. E l’app, sia per iOS e ora anche per Android, è fatta molto bene.
Grazie.... interessante e accurato. Dalla lettura nascono nuove idee
Oggi lo chiamiamo clickbait, ma sensazionalismo e truffe sono sempre esistiti anche quando non c'era internet. Non è YouTube ad avere un problema, siamo noi. Uno dice, ok, ma adesso il problema è esponenziale. Bene, dico io, ci facciamo prima gli anticorpi. Il mondo va così, è sbagliato, lo è sempre stato e fare finta di scoprirlo adesso ci fa fare solo la figura degli ingenui: meglio farsi male subiro e rialzarsi per evitare che succeda di nuovo con conseguenze più gravi.