Ciao e buon venerdì!
La newsletter di oggi è supportata da Fellowes, che ha a cuore il tuo benessere sul posto di lavoro.
Una recente ricerca Fellowes ha evidenziato una preoccupante disattenzione verso l’ergonomia delle postazioni, con le aziende che trascurano valutazioni fondamentali e dipendenti poco consapevoli dei rischi legati ad una cattiva postura. Il metodo delle 4 Zone Ergonomiche® aiuta a identificare queste criticità e suggerisce soluzioni mirate per ridurre dolori, stanchezza e infortuni. Interventi mirati come scrivanie regolabili, bracci monitor o supporti lombari migliorano il benessere quotidiano e, nel lungo termine, contribuiscono ad essere più sani, più felici e produttivi. A tal proposito ti consiglio di effettuare questo test, per scoprire come migliorare il modo con cui lavori in appena 5 minuti.
Qualche tempo fa, un lettore di LetMeTellIt mi scrisse: come fai ad avere sempre qualcosa da dire per la tua newsletter? Per rispondere, prendo in prestito le parole di Neil Gaiman, noto scrittore e sceneggiatore britannico, che dice:
"Le idee le troviamo quando sogniamo a occhi aperti. Le troviamo quando ci annoiamo. Le troviamo continuamente. L'unica differenza tra chi scrive e le altre persone è che noi ce ne accorgiamo quando lo stiamo facendo. Le idee le troviamo ponendoci semplici domande. La più importante di queste domande è semplicemente: 'E se...?'"
Una bella riflessione, ovviamente.
Ma il compito del sottoscritto non è inventare personaggi o trame intricate per creare contenuti. Non sono mica un romanziere.
Eppure, come lui, credo che le idee migliori nascano da delle domande.
Ad esempio, le migliori sono quelle dei miei clienti o di quelli che non lo sono ancora, quelle degli utenti su Linkedin, quelle che leggo su qualche gruppo online, o quelle che mi pongo io stesso, magari dopo aver letto qualche articolo o visto qualche video interessante.
Cerco di prestare sempre molta attenzione a queste domande, e le conservo una ad una nel mio piccolo cassetto della mia memoria. Quando la cartella mentale è piena di file, e penso di avere almeno qualche risposta ad una di queste domande, allora so di avere qualcosa su cui scrivere.
Successivamente, tutte le mie elucubrazioni finiscono nero su bianco. Per non farmele sfuggire, mi affido a Notion: è qui che raccolgo i primi appunti e i titoli grezzi. Poi passo a Google Docs, dove continuo l’elaborazione e dove le idee si espandono, prendono forma, si agganciano l’una all’altra.
I miei processi mentali sono più o meno sempre questi. Forse già li conosci, magari non vanno bene per tutti, ma spero ti possano dare qualche spunto per iniziare col piede giusto.
Tieni un contenitore digitale
Come ho scritto prima, è sempre bene usare un'app come Notion, Evernote, Obsidian o anche solo le note del telefono, e renderlo un rifugio per tutti i tuoi pensieri: frasi che senti, spunti, titoli, battute, idee. E qualcosa come Raindrop, Pocket o Readwise per salvare dei link interessanti da utilizzare durante la stesura dei tuoi contenuti.
Le idee arrivano nei momenti più inaspettati: durante una passeggiata, mentre guido, poco prima di addormentarmi, sotto la doccia. Se ho lo smartphone a portata di mano, le annoto subito. Altrimenti le lascio sedimentare, ci rimugino sopra finché non riesco a fissarle nella memoria, e appena possibile le trascrivo sul mio block notes digitale. Per comodità non uso taccuini cartacei, e un po’ mi dispiace: scrivere a mano attiva zone del cervello che ormai sollecitiamo sempre meno.
Non serve che siano idee complete, ma tieni traccia di tutto. Anche di frasi che possono sembrare campate lì per aria. E poi, rileggile dopo un paio di giorni. Troverai collegamenti che non avevi visto prima.
Connessioni forzate
Prendi due o tre argomenti a caso e obbligati a trovare un'idea che colleghi quei tre concetti. Il punto non è creare qualcosa di sensato, ma allenare il cervello a uscire dai binari abituali. È un metodo usato quotidianamente da copywriter e designer per destrutturare la routine mentale. Questa newsletter sul pane luxury milanese, usato come pretesto per parlare di come racconta se stessa la città meneghina, è un buon esempio di questo processo mentale.
Leggi cose che non ti competono
Ogni giorno cerca di consumare dei contenuti fuori dal tuo mondo e dalla tua nicchia di competenza: io, ad esempio, sono iscritto ad una newsletter di economia del lusso cinese. Ma posso andare a leggermi anche degli articoli di fisica quantistica, spulciare aggregatori di trend come Exploding Topics, guardare canali Youtube in lingua straniera (che non sia l’inglese) o ascoltare dei podcast di true crime. La frizione tra il tuo contesto e questi mondi esterni può generare delle scintille di creatività.
Remix di contenuti esistenti
Quando il mio insegnante di chimica diceva: nulla si crea, tutto si trasforma, lo ascoltavo di rado. Poi, tanti anni (e bruttissimi voti in pagella) dopo, ho compreso meglio questa frase. Non esiste qualcosa di unico, non creiamo mai veramente da zero. Infatti, la creatività è l'arte di attraversare universi diversi, e rimodellare la realtà per costruire qualcosa di unico che prima non c’era. Lo abbiamo visto nella musica, dove il rock è una prosecuzione del blues, o nella moda, dove il lusso sta attingendo a piene mani dallo streetwear.
Cerca ispirazione dai contenuti di altri (magari dei podcast, dei reel su Tiktok, oppure dei caroselli su Instagram), elaborali (mi raccomando, senza copiarli), falli tuoi e e fai nascere qualcosa di nuovo. Contrariamente da quello che ti dirà il solito guru illuminato, le nuove idee vanno sempre fatte reagire con qualcos’altro.
Riproponi i tuoi contenuti
Chiariamoci subito: l’idea che ogni contenuto debba essere sempre completamente nuovo, la trovo un po’ snob. Se scrivi e pubblichi lo sai già benissimo: non hai tempo per stare ovunque e dire tutto, ogni volta da capo. E allora, che si fa? Si fa content repurposing.
Non è truffa, non è plagio. Forse pigrizia. Ma se è fatto bene, ti risparmia un sacco di lavoro. Io riciclo spesso i miei post su Linkedin, a distanza di 6 mesi o 1 anno, modificando poco o nulla di quello originale e ogni volta l’audience che raggiungo è differente.
Hai scritto un bel post per Substack? Pubblicalo anche su Linkedin, Instagram o qualsiasi altro social (e viceversa). Per colpa degli algoritmi, i tuoi post verranno visti solo dall’1% dei tuoi followers e, fidati, nessuno di questi ti denuncerà perché hai proposto due volte lo stesso contenuto.
Che faccio se non mi viene in mente nulla di decente?
Succede, punto. Va bene così, davvero.
In questo caso puoi sempre condividere le lezioni apprese durante la lettura di un libro o durante lo studio, risorse che hai trovato online, oppure il processo che hai seguito per arrivare ad ottenere determinati successi personali. Sappi che anche fosse per una sola persona, queste informazioni saranno sempre preziose.
E l’intelligenza artificiale?
Beh, l’intelligenza artificiale generativa si è diffusa in modo sostanziale solo negli ultimi mesi. Quindi sì, sono abituato a scrivere senza. Ma non nascondo che sempre più frequentemente la trovo utile in fase di brainstorming o per far suonare meglio alcune frasi che, pur leggendole e rileggendole, continuano a non convincermi. Quindi la sfrutto soprattutto come proof-reader o editor.
Ho provato un po’ tutti gli LLM più diffusi, da ChatGPT a Gemini, passando per Grok, Perplexity e DeepSeek, e per il mio utilizzo li trovo più o meno equivalenti. Forse ChatGPT ha qualche attenzione in più perché la sua memoria interna mi conosce già abbastanza bene e quindi è più immediato in certe occasioni. Ma mi stanno stupendo anche Perplexity e DeepSeek, soprattutto per la fase di setacciamento delle fonti, quando preparo una newsletter e voglio approfondire la ricerca di articoli o paper universitari.
Non ho prompt super segreti da consigliarti (sul web ne troverai a migliaia) ma quello che mi sento invece di consigliarti è che se limiti le tue opzioni, diventerai probabilmente anche più creativo dell’intelligenza artificiale.
Limita le tue opzioni
Circa un mese fa, ho cancellato il mio abbonamento a ChatGPT Plus. E credo di aver fatto la cosa migliore che potessi fare. A un certo punto, mi sono reso conto che stavo smettendo di ragionare, rivolgendomi ad esso quasi ad ogni minima necessità, diventando così sempre più pigro (più di quanto non lo sia già normalmente).
Ora, con la versione gratuita, è ChatGPT stesso a limitarmi.
D’altronde il pensiero creativo, per prosperare, ha bisogno di limitazioni. Troppa libertà rischia di paralizzare il processo. È sempre bene citare Anna Maria Testa:
per produrre nuovo pensiero abbiamo bisogno di ostacoli nuovi da superare.
Tutto è cominciato da una considerazione che credo accomuni tanti di voi: se deleghiamo troppo o tutto all’intelligenza artificiale, rischiamo seriamente di atrofizzare quella naturale. E se arrivi a pensare che l’IA possa dire le cose meglio di te, allora forse è il caso di chiederti se hai davvero qualcosa da dire.
Oggi ChatGPT potrebbe, teoricamente, confezionare questa newsletter dall’inizio alla fine. Fare ricerche, scrivere, rifinire e curare tutti i link più interessanti. Ma tu che la leggi, lo avvertiresti subito. Lo leggeresti tra le righe, anche fosse qualcosa di impalpabile. E verrebbe meno quel patto di fiducia che abbiamo stretto io e te, dopo tutte le newsletter che ho inviato, e tutte le email che hai ricevuto.
Quindi, va bene utilizzare l’IA per velocizzare alcune fasi del lavoro. Ma cerca di non abusarne, e prova sempre a donare personalità ad ogni parola che scegli di usare. La nostra umana sensibilità deve essere davvero l’ultima cosa che la tecnologia sarà in grado di portarci via.
Guarda questa bellissima campagna pubblicitaria del New York Times. Credi che l’intelligenza artificiale sarebbe stata in grado di creare qualcosa di simile?
Spero che questi suggerimenti ti tornino utili. E se l’articolo ti è piaciuto, fammelo sapere come preferisci: un cuoricino, un messaggio. Quello che vuoi tu.
Un abbraccio,
Antonio
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ChatGPT + Canva + Hootsuite in un’unica piattaforma? Sì, baby. Si chiama Blaze.
Captions, lo strumento di editing video supportato da IA, ha ora un generoso piano gratuito. Puoi utilizzare la funzione tele-prompter, modificare, tagliare e aggiungere clip, generare sottotitoli in 29 lingue ed esportare video senza filigrane.
Meco è dove posso godermi le mie newsletter preferite fuori dalla casella email in tutta calma, leggendole in modo più pulito. E l’app, sia per iOS e ora anche per Android, è fatta molto bene.
Da un po’ soffia il vento di quelli che dicono “ChatGPT atrofizza il cervello”. A me sembra un falso problema.
Mi ricorda quando, negli anni ’80, qualche mente brillante — e non certo a corto di idee — immaginava l’uomo del futuro come un mostro con un solo occhio e un dito gigante, inchiodato a scrollare lo smartphone. Era un modo per metterci in guardia dai rischi della tecnologia, certo… ma oggi sappiamo che il punto non è mai stato la tecnologia in sé.
I contadini non usano più la zappa e il rastrello per preparare il terreno, e sì, magari si è perso un certo “saper fare” manuale. Ma nessuno tornerebbe indietro. Perché gli strumenti evolvono, e noi con loro.
L’intelligenza artificiale, se usata bene, è un booster: ti aiuta ad amplificare, sistematizzare, strutturare le tue idee. Ti libera dal tempo sprecato su compiti meccanici, così puoi concentrarti su ciò che davvero conta.
Il problema nasce solo quando si delega tutto, anche l’idea stessa. Allora sì, si rischia l’atrofia creativa. Ma diciamocelo: se non hai nulla da dire, il problema non è l’AI… è che non avevi granché da dire nemmeno prima.
Molto Rodari la connessione forzata. Adoro. Grazie mille, anche per il link al survey🙏