Ben ritrovatÉ!
VenerdƬ scorso niente newsletter. Ho passato qualche giorno di relax nella mia Alghero, dentro una bolla di sole, mare e Vermentino, lontano da piogge torrenziali milanesi e dalle chiacchiere di alcune piazze social che, come sempre accade in questi casi, hanno animato il dibattito.
Lāedizione di oggi ĆØ supportata da
, la newsletter (in inglese) di Datwave che ti aiuta ad esplorare il cambiamento tecnologico, con i preziosissimi interventi di esperte ed esperti del calibro di Paola Pisano, Massimo Temporelli, Carlo Alberto Carnevale MaffĆØ e molti altri ancora.Ti piace quello che leggi? Allora perchĆ© non condividere LetMeTellIt con amici, colleghi e parenti? Se invece quello che scrivo non ti stuzzica nemmeno un poā puoi interrompere il rapporto epistolare in un amen cliccando qui.
A prestissimo,
Antonio
Ormai ci siamo abituati: ciclicamente assistiamo allo scoppio di una polemica sul costo di un qualsiasi prodotto o servizio in vendita a Milano. Lāultima - lāennesima - riguarda il pane venduto in unāattivitĆ di recente apertura in zona Washington.
Tutto è iniziato con un articolo sul Corriere Milano, che è stato successivamente ripreso da altre testate e diffuso sui social. Il motivo del dibattito è stato il prezzo del pane, venduto a nove euro al chilo e considerato, dai più, eccessivo.
Ma ĆØ alto perchĆ© effettivamente lo ĆØ per essere un mix di acqua, lievito e farine (seppur pregiate)? E se lāofferta risponde ad una precisa domanda, può considerarsi comunque alto?
Al netto di queste considerazioni economiche la faccenda è emblematica, e distilla al meglio la conclamata capacità dei milanesi di saper costruire una narrativa intorno a qualsiasi cosa o, per dirla nel modo più pleonastico possibile, di ammantare di lusso percepito qualsiasi prodotto o servizio perché, in fondo, sono bravi a farlo.
Il segreto, per parafrasare le due imprenditrici panificatrici, ĆØ come sempre lo storytelling:
Ā«Ambrosia, il nostro pane più venduto, costa 9 euro al chilo. Più caro rispetto alla norma, però usiamo ingredienti di qualitĆ , a filiera corta e tracciata. Il nostro segreto? Lo storytelling: spieghiamo ai clienti la nostra filosofia e il nostro modo di produrre il pane. I milanesi capiscono, sāinformano, apprezzano: preferiscono, magari, spendere qualcosa in più ma portare a tavola un prodotto buono e salutareĀ».
Tu che mi leggi e che quasi certamente lavori in questo ambito e/o in questa cittĆ , lo avrai compreso da tempo: Milano ĆØ una cittĆ che ha saputo trasformare la sua immagine in oggetto del desiderio, dove l'arte di sapersi raccontare si ĆØ evoluta in una sofisticata capacitĆ di autopromozione.
Già durante il Rinascimento, per finanziare la costruzione del Duomo, i milanesi iniziarono a promuovere le indulgenze, ottenendo contributi monetari o prestazioni in cambio. Questo primo esempio precoce di marketing non solo accelerò la costruzione del Duomo, ma posizionò Milano come un centro di potere spirituale e temporale in Europa.
Non solo religione: la cittĆ ha saputo capitalizzare e commercializzare la sua identitĆ anche attraverso la moda, la finanza, le pubbliche relazioni e, più recentemente, il turismo e la gastronomia. Tuttavia, non sempre ĆØ stato cosƬ: fino a qualche anno fa, la cittĆ più operosa d'Italia preferiva restare in penombra, lasciando il proscenio a cittĆ innegabilmente più affascinanti come Roma, Venezia o Firenze. Negli ultimi anni però, a partire dallāExpo del 2015, c'ĆØ stata unāinversione di tendenza che ha visto Milano posizionarsi stabilmente ai vertici delle classifiche di visitatori e nel mirino di grossi investitori stranieri.
Milano ha sempre saputo adattarsi, si dice. Forse ĆØ vero, o forse ĆØ semplicemente maestra nel vendere la stessa roba con unāetichetta sempre nuova.
Come quando si parla di pane. Chi lāavrebbe mai detto che un semplice lievitato potesse passare dallāessere una commodity fino a rappresentare un bene di lusso? CosƬ come nessuno avrebbe mai pensato che un piatto di pasta in bianco potesse arrivare a costare 26ā¬. PerchĆ© la filiera più ĆØ corta e più deve essere cara, verrebbe da dire, guardando il listino prezzi di alcune panetterie? Insomma, basta creare la giusta narrativa et voilĆ , il gioco ĆØ presto fatto.
In Sicilia, il cornetto o la brioche - con o senza granita - ĆØ un rito quotidiano, semplice e genuino. Non ha bisogno di troppi fronzoli per essere apprezzato, costa un quarto ed ĆØ più buono di una qualsiasi brioche di pasticceria che si possa trovare allāombra del Duomo. O il pane pugliese o piemontese, magari fatto con farine di grani antichi e lievito madre, non ĆØ forse altrettanto saporito?
Da dove dipende, allora, questa discrepanza di qualitĆ percepita?
La capacità di vendere non solo prodotti, ma esperienze, influisce senza dubbio. Milano ha un talento innegabile per creare narrazioni coinvolgenti e i suoi cittadini sono hip senza volerlo dare a vedere. Di questo va dato atto, così come va dato al grande orchestratore della crescita incontrastata della città degli ultimi anni, Beppe Sala. Lui, probabilmente il primo politico ad esser riuscito a dissimulare il cortocircuito tra filosofia di partito e la reale natura del suo feudo, emblema più fulgido del capitalismo italico.
A Milano tutto diventa un brand (come le celeberrime Week) o iconico e ciò che viene dipinto come slow, bio, handmade, autentico, pre-loved include un costo di maggiorazione, secondo la teoria della differenziazione di Porter. Trasformare lāordinario in straordinario ĆØ una competenza e, come tale, va monetizzata.
Questa tendenza, sebbene possa essere vista positivamente da un lato, dall'altro potrebbe avere un impatto negativo sul vero stato di benessere della cittĆ .
Studi sociologici ed economici dimostrano come l'aumento dei prezzi e il city branding possano portare a una maggiore gentrificazione e a una diminuzione della diversità sociale. Questo fenomeno non solo rischia di escludere le fasce meno abbienti della popolazione, ma può anche portare a una perdita di autenticità culturale e ad una pressione sulle infrastrutture urbane, rendendo la città meno vivibile per tutti.
Lo sanno i cittadini che vivono oltre la prima cerchia, gli studenti o i single che non hanno più possibilità di permettersi un alloggio a prezzi popolari.
Dāaltronde la narrazione dominante sullo storytelling del capoluogo lombardo si basa massicciamente sulla riproduzione di modelli esterni, come quelli di cittĆ straniere ben più grandi e più ricche. Ma ci si dimentica che determinati paradigmi di consumo sono sostenibili con le retribuzioni adeguate a quello stile di vita (non ĆØ ovviamente il caso di Milano e dellāItalia dove gli stipendi sono fermi a circa 30 anni fa).
Sia chiaro: pur con i suoi tanti difetti a Milano di sostanza ce nāĆØ tanta, per caritĆ . Ma ĆØ vero anche che la cittĆ ha saputo creare un'immagine di sĆ© cosƬ scintillante da abbagliare chiunque la guardi e qualsiasi cosa orbiti intorno ad essa, tanto da trasformare anche uno sfilatino in un emblema del lusso cittadino.
La domanda è: per quanto tempo ancora ci impegneremo così strenuamente per comprare un pezzo di tutto ciò?
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Quante innovazioni tecnologiche nel web dobbiamo alle donne? Te lo dico io: tante. Un repository ne elenca diverse in un nutrito archivio.
Mai come ora ci sono cosƬ tante scaramucce generazionali: Gen Z vs Boomer, Millennial vs Boomer, Gen Z vs Gen Alpha. Un spaccato delle tensioni intergenerazionali di Irene Doda ne studia le cause, tra clichƩ, macro-tendenze ed espressioni culturali.
Alcuni principi di visual design da seguire - quasi - pedissequamente.
Un fighissimo sito interattivo: le storie dietro gli slogan dei grandi brand.
Simili ma distinti dalla fotografia, gli screenshot catturano momenti con minima mediazione e, pur essendo spesso banalizzati, possiedono un valore estetico significativo.
Alcuni trend report interessanti che volevo condividere: quello sul futuro del lavoro di BCG, quello di Scalapay sui shopping trends del 2024 e quello di Randstad sulle cittĆ del futuro.
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Uso Meco giĆ da un poā e devo ammettere che leggere le newsletter fuori dalla casella email in tutta calma, in modo più organizzato, ĆØ tanta roba. Menzione speciale per lāapp: ĆØ fatta benissimo.
Ok, stampare un sito web è qualcosa di molto boomer che però, a volte, torna utile: ricette, istruzioni per qualche attività che farai senza uno schermo di fronte a te, indicazioni stradali in un luogo senza connessione. Printfriendly unisce la semplificazione della stampa di pagine web ad altri strumenti PDF molto interessanti.
Purtroppo non credo che questa tendenza sia solo milanese⦠e trovo assurdo il concetto per cui se vuoi un prodotto di qualitĆ (parliamo di PANE, eh!), lo devi pagare 6 volte tanto il suo valore. Senza entrare nel merito del problema ENORME del costo della vita e della soglia di povertĆ che cresce e che inghiottisce generazioni intere, siamo in Italia ed io mi aspetto di comprare un buon pane a prescindere dal suo prezzo. Mannaggia ai social e allo storytelling⦠š