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Keep calm, nella newsletter di oggi non mi addentrerò ulteriormente nei meandri delle intelligenze artificiali. O meglio, lo farò solo marginalmente.
Gli strumenti di IA generano già immagini, testi filosofici, software, risolvono equazioni e affrontano gli esami più ardui dell'universo; pertanto, viene difficile concepire, in un prossimo futuro, un mondo dove un'intelligenza artificiale continui a cadere nelle trappole dei cosiddetti Captcha.
In breve, discernere se si stia interagendo con un algoritmo o un essere umano diverrà sempre più complicato. Ed è ovvio che riconoscere se un contenuto sia stato generato da un uomo o da una macchina sarà altrettanto intricato. Ne parlavo giusto la settimana scorsa.
Ecco dunque che, prevedendo un problema che forse ancora non sussiste, Sam Altman, co-fondatore e CEO di OpenAI, nel 2020 decise di lanciare Worldcoin, che però non ha ancora guadagnato le luci della ribalta, al contrario della sua ben più nota creazione.
Worldcoin è una startup la cui promessa è di democratizzare l'adozione delle criptovalute e di instaurare una sorta di salario universale. Al fine di conseguire questo ambizioso obiettivo, si adopera per distribuire dei token (l'equivalente di una ventina di dollari) a centinaia di migliaia di individui sparsi per il globo, rivolgendo il proprio sguardo principalmente agli abitanti dei paesi in via di sviluppo.
Tuttavia, vi è un compromesso: consentire all’azienda di esaminare la propria iride e venire così inseriti in un database di verified humans. Worldcoin, infatti, adopera una tecnologia interna denominata The Orb, un congegno di registrazione sferico, metallico, dal diametro di 20 centimetri e dal peso di circa 2 chilogrammi.
Lo so cosa stai pensando: sembra la trama di un episodio di Black Mirror.
Ma è tutto più che reale. Così come sono reali le liquidità provenienti dai VC: Andreessen Horowitz, Variant, Khosla Ventures, Coinbase e Tiger Global costituiscono il consorzio di finanziatori che ha sostenuto Sam con oltre 125 milioni di dollari.
Malgrado gli ingenti investimenti, l'iniziativa imprenditoriale non sembra decollare come sperato. Secondo alcuni sondaggi condotti da MIT Technology Review il token non sarebbe stato ancora creato, e la maggioranza dei partecipanti ha ottenuto soltanto un voucher per una criptovaluta che, al momento, non ha ancora un valore tangibile e significativo. In aggiunta, alcuni operatori Orb, reclutati dalla società per effettuare le scansioni, sono finiti in prigione poiché tale pratica è stata giudicata illegale in alcuni paesi.
Inoltre, permangono incertezze sull'utilizzo dei dati biometrici. L'amministratore delegato di Worldcoin, Alex Blania, sostiene che la tecnologia implementata dalla sua startup potrebbe risolvere uno dei problemi più ardui del web: prevenire che le identità false alterino l'attività online, senza compromettere la privacy degli individui. Le applicazioni potenziali abbracciano la lotta contro i profili falsi sui social media, la distribuzione di un reddito di base universale (UBI) globale e il potenziamento di nuove forme di democrazia digitale.
Tuttavia, non è ancora chiaro come questi dati personali verranno custoditi, trattati e preservati. Secondo documenti interni, Worldcoin impiegherebbe tale database per costruire un mezzo di autenticazione per accedere a una blockchain, una sorta di passaporto per il web3. Ma non è ovviamente ancora abbastanza.
Come prevedibile, il più grande ostacolo all'adozione non risiede nel dimostrare la piena funzionalità della propria tecnologia, (anzi, per certi versi l’idea alla base sarebbe anche virtuosa), bensì nel persuadere gli utenti a condividere i propri dati biometrici con un'entità privata, conferendo così un senso generale di distopia, piuttosto che di inclusione, trasparenza e democrazia.
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