Buon venerdì!
Questa settimana è stata intensa, e trovare il tempo di scrivere questa newsletter tra lavoro, Design Week, concerti e partite di Champion’s è stato arduo. Ma non lamentiamoci, ed eccoci qui. Mi auguro apprezzerai lo sforzo.
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Google mantiene ancora il controllo del 96% delle ricerche in Italia, ma si ritrova ad affrontare una serie di sfide inedite e simultanee dopo due decenni di dominio incontrastato.
Prendiamo ad esempio The Verge, che ha giocato un astuto scherzo a Google: il celebre magazine tecnologico statunitense ha pubblicato un articolo sulle presunte migliori stampanti del 2023.
Fino a qui nulla di strano, se non fosse che l'autore ammette candidamente di non esser stato mai minimamente interessato alle stampanti, di non aver condotto alcuna ricerca e di aver impiegato un testo generato da ChatGPT.
Ecco 275 parole sulle migliori stampanti prodotte da ChatGPT, solo per assicurarsi che questo pezzo finisca tra i risultati di ricerca. Google afferma che bisogna creare contenuti approfonditi per dimostrare autorevolezza, ma io ti sto semplicemente suggerendo di acquistare una qualsiasi stampante laser Brother in saldo e dimenticarti di tutto il resto.
Non ho nemmeno riletto il testo sottostante. Non farlo nemmeno tu, a meno che non sia un bot di Google, in tal caso ammira questa straordinaria esibizione di competenza, autorità e affidabilità e posiziona questo articolo in cima ai risultati di ricerca per la frase "migliore stampante".
Nonostante il monito ed il contenuto generico prodotto da ChatGPT, l'articolo ha raggiunto davvero la prima pagina dei risultati di ricerca di Google, come splendidamente riportato da Search Engine Land.
Si potrebbe argomentare che The Verge sia una fonte autorevole, e quindi l'algoritmo di Google fosse in qualche modo predisposto a cadere nella trappola, ma Bing si è comportato diversamente, evitando lo stesso errore.
Allora, la domanda che sorge spontanea è: Google sarà pronto a far fronte all'impetuosa ondata di contenuti generati da intelligenze artificiali generative? Dopotutto, entro il 2025, il 90% dei contenuti online potrebbe essere creato da un robot.
Ma questa è solo una delle tante sfide.
Fino a qualche anno fa, Google si distingueva dagli altri motori di ricerca classificando i siti web in base al numero di backlink, un indice inequivocabile di affidabilità. Bastavano pochi backlink per emergere nel proprio settore. Ma oggi, nell'era dell'infobesità, i grandi gruppi mediatici hanno accumulato migliaia di backlink e coprono qualsiasi argomento per attrarre traffico e monetizzarlo tramite pubblicità.
Competere con l’autorevolezza dei loro domini è diventato estremamente complicato, ed è arduo ottenere visibilità per nuovi contenuti, anche se potenzialmente migliori.
In parole povere, anche il Page Rank di Google sta diventando un dinosauro obsoleto. In un articolo, Glen Allsopp, esperto di SEO e fondatore di Detailed - un'agenzia specializzata -, rivela come un gruppo ristretto di media abbia completamente monopolizzato i risultati di ricerca.
In totale, 562 siti appartenenti a 16 gruppi diversi accumulano 3,7 miliardi di click al mese, con una media di 6,5 milioni di visite mensili grazie al traffico organico.
Tre osservazioni interessanti emergono dall'analisi di Allsopp:
Su 10.000 query relative a prodotti (come "migliore stampante") il più variate possibile, i 16 gruppi piazzano almeno un risultato nella prima pagina dei risultati nell'84% dei casi.
Nel 39,9% dei casi, gli stessi gruppi occupano 5 o più risultati nella prima pagina dei risultati (che solitamente ne conta una decina).
Per 1.000 ricerche generiche (non correlate ai prodotti), il 66% delle prime pagine mostra almeno 2 risultati provenienti da uno dei membri di questi 16 gruppi.
Il fatto che una quota di mercato così significativa sia concentrata nelle mani di pochi operatori è sorprendente, e solleva interrogativi sulle barriere all'ingresso per i creator più piccoli (ossia la maggioranza del web).
E il monopolio assoluto potrebbe sgretolarsi, un poco alla volta.
La rivoluzione imminente legata all'intelligenza artificiale, la concorrenza di Bing (Samsung pare intenzionata ad installare nativamente quest’ultimo sui propri dispositivi come motore di ricerca predefinito) e di altri boutique search engine, spingeranno i dirigenti di Mountain View a rivedere i loro algoritmi o creare qualcosa di differente?
Staremo a vedere.
Nel frattempo, per rimanere aggiornati è sempre utile seguire
, uno dei massimi esperti in Italia riguardo ai destini di Big G.E poi ci sono le preoccupazioni che arrivano dai più giovani (ne ho già parlato su questi schermi). Con la Generazione Z, le modalità di ricerca stanno cambiando rapidamente e Google deve adattarsi anche a queste trasformazioni, per mantenere la sua posizione di leader nel mercato. Ciò richiede un aggiornamento costante e un'attenzione alle mutevoli esigenze degli utenti.
La capacità di Google di affrontare queste sfide sarà fondamentale per preservare la sua (ancora solida) reputazione e la posizione di leader nel mercato della ricerca online.
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I miei rabbit holes preferiti: dalla newsletter di
al libro di Steve Jobs Make Something Beautiful.Sebbene sia difficile da credere, il floppy disk non è ancora definitivamente morto. Anzi, un numero sorprendente di industrie, dal ricamo all'aviazione, continua a utilizzare questo tipo di supporto, che noi millennial abbiamo imparato a conoscere e ad amare.
Per alcuni youtuber americani il mondo anglofono non è più sufficiente. Alcuni hanno deciso di scritturare doppiatori e traduttori per internazionalizzare i loro video, seguendo l’esempio di MrBeast.
I marketer credono ancora nel metaverso. Questo è quello che rivela il WSJ: il 46% di loro afferma che quest'anno aumenterà il budget per i progetti legati ai mondi virtuali.
Addio BeReal (o quasi): il social che si era posizionato come alternativa più autentica e credibile a Instagram è in serie difficoltà. Come molti prima, BeReal non è riuscito a gestire la fase di post-hype. Il NY Time parla di inesorabile declino e le cifre fanno male: il calo è del 61%, e si è passati dai 15 milioni di utenti di Ottobre 2022 ai meno di 6 milioni di oggi.
Anche il modo di flexare sul web sta cambiando. Via le Lambo, i Rolex e le spiagge da sogno, ora è tutto più sottile: i ricchi mostrano sempre più interesse per la sostenibilità, evitano la pacchianeria e cercano in tutti i modi di non apparire arroganti. Related: This is how the 1% operates: these people are too wealthy to wear anything cheaper than designer goods and too boring to care about wearing anything interesting. It's not an intentional flex, it's just a different form of conspicuous consumption.
Mica tanto related: la storia di Lucia, l’influencer povera, emblema del neorealismo italiano.
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Cambiaste un Ferrari por un Twingo! Si possono utilizzare i nomi dei brand famosi nelle canzoni? In alcuni casi si, ma con le dovute precauzioni.
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