Quando alcuni amici o colleghi genitori mi dicevano che l’arrivo di un figlio avrebbe stravolto tutto, ho sempre annuito superficialmente, pensando di sapere già cosa mi aspettasse. Bene, ora mi rendo conto che nulla avrebbe potuto mai prepararmi davvero. La mia quotidianità non solo è cambiata, ma è stata proprio ridisegnata da zero, catapultandomi in un caos calmo dove mia moglie ed il sottoscritto ci muoviamo goffamente.
Il tempo per me stesso si è ridotto al minimo, così come quello per la newsletter, per Newsletter Italiane o per le tante riflessioni solitarie. Di contro, la mia vita si è riempita di un significato nuovo, denso, che non avevo mai provato prima. È come se ogni gesto, ogni pensiero, ogni fatica trovasse una direzione diversa.
So già che ci saranno alti e bassi. Giorni di risate, giorni di frustrazione. Ma c'è una consapevolezza che ormai mi accompagna in ogni istante: la possibilità di dare tutto quello che sono e tutto quello che ho a questo scriccioletto. Ed è una consapevolezza che mi spaventa e mi esalta allo stesso tempo. Perché crescere un figlio è prima di tutto crescere come persona, e poi come uomo.
Le notti insonni passeranno - o almeno così mi dicono - ma anche il sonno perso è un sacrificio che non mi pesa più di tanto. Perché Gianmaria è qui, e questo basta.
A presto (non so quando di preciso, ma presto),
Antonio
In molti vedono Trump come un politico, ma anche come un simbolo (ciuffo biondo svolazzante e cravatta rossa) e guida, altri come saltimbanco, giullare o criminale. Ma Donald è soprattutto una manifestazione concreta di come una determinata narrazione possa plasmare il dibattito pubblico, indipendentemente da ciò che ci possa dire la realtà.
Io sono tendenzialmente apolitico - più per poco interesse che per questioni ideologiche - ma la sua rielezione o, meglio, il fascino che continua ad esercitare negli elettori americani, mi ha comunque colpito.
Mi ha colpito perché Trump non ha solo partecipato alla campagna elettorale, l'ha proprio dominata. Ha monopolizzato l’attenzione dei media, schiacciando tutto sotto il peso delle sue verità alternative e dei suoi eccessi. È come se avesse trasformato i media stessi in amplificatori delle sue idee, costringendoli a seguirlo ovunque andasse. Sfido chiunque, invece, a ricordare una proposta concreta di Kamala Harris durante la campagna.
La frattura tra i due tipi di comunicazione è qualcosa che va analizzata in modo attento: i media tradizionali non svolgono più un ruolo fondamentale nella costruzione del dibattito pubblico. Non sono stati in grado di decifrare bugie evidenti, di chiamare le cose con il loro nome o di trasmettere un senso di fiducia e obiettività ai loro lettori / spettatori. Era quindi inevitabile che in questo vuoto informativo, i social media prendessero il sopravvento.
Ed è qui che Trump ha stravinto le elezioni. Twitter/X è stata l’arma più visibile, ma il campo di battaglia è stato frammentato: dai podcast come quello di Joe Rogan, che ha dato voce a un elettorato principalmente maschilista (Mike Solana lo chiama il broletariat, da bro), agli influencer conservatori (che sono la maggioranza tra quelli che fanno informazione) e alle reti proprietarie dove Trump è una figura quasi mitologica e la narrazione praticamente a senso unico, e con poche possibilità di contraddittorio (nonostante i talks, e gli endorsement vip per Kamala).
Questo cosa ci insegna? Che il conservatorismo non è solo una strategia politica, è il linguaggio della nostra epoca.
I gruppi di acquisto solidale e i mercati agricoli biodinamici spingono meno dei fast food, perché hanno la tendenza a raccontarsi in un modo fin troppo intimo per la maggioranza del popolo. TikTok attrae più di un libro e sui social funziona di più il populismo rispetto all’introspezione, la ricerca e l’analisi di temi complessi. In un certo senso, possiamo dire che sia in corso un vero e proprio vibe shift.
Questo è un linguaggio che parla alle emozioni, bypassando la ragione. Ed è lo stesso linguaggio che alcuni brand hanno imparato a sfruttare.
Nella newsletter di qualche settimana fa, avevo proprio parlato di quel tipo di comunicazione che non si preoccupa di essere piacevole o rassicurante, ma che punta tutto sulla notorietà e sull’essere memorabile. Trump, proprio come i brand più audaci, ha capito che ciò che conta non è essere apprezzati, ma essere ricordati. La fama supera la piacevolezza.
Eppure, come sempre accade in questi casi, c'è un rischio: se la storia raccontata è vuota, prima o poi il pubblico se ne accorge. Questo è il punto critico per i brand e, in fondo, così come per chi fa politica: riuscire a coniugare notorietà e autenticità, fama e impatto sociale.
Trump ha saputo costruire un mito: non importa se ciò che dice è vero, ciò che conta è che risuoni con più persone possibile. È come il rebel della celebre Apple del 1997, il folle che credeva di poter cambiare il mondo. Ed è proprio questo che ha reso il suo successo inevitabile: in un mondo in cui l’intuito vale più dei numeri, Trump ha incarnato il sogno americano ribaltato, quello del ribelle che sfida tutto e tutti, con o senza un piano.
Rei Inamoto ci ricorda:
Chi racconta meglio la propria storia, vince.
È - come sempre - una questione di storytelling. Ma la domanda principale è: quanto siamo disposti a sacrificare la verità sull’altare di una buona narrazione?
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In filosofia, un rasoio è una regola empirica o euristica, e un modo approssimativo e semplice per risolvere un problema e scegliere tra diverse possibili soluzioni. Un rasoio non è una regola infallibile, ma un principio che ti porta alla risposta corretta la maggior parte delle volte. Al di là del noto rasoio di Ockham, Ian Leslie condivide nella sua newsletter altri nove principi filosofici che lo hanno aiutato nella sua vita quotidiana e che possono aiutare anche te.
Invidio la pazienza di chi si è messo a creare un’infografica così, ma cionondimeno è piuttosto interessante. Si tratta di una lista - nemmeno del tutto esaustiva - di circa 14.000 tool di marketing, disponibili al momento sul mercato.
Un logo che è costato solo 35$ ma che ha fatto la storia del brand (e dei brand): lo swoosh della Nike.
E chi l’avrebbe mai detto: le ricerche sul Black Friday sono più elevate in Italia che negli Stati Uniti (in %).
Un'interessante analisi di costi e benefici dello smart working e del lavoro in ufficio. E di una nuova alternativa rappresentata dal “near working”.
Una directory di scorciatoie per eliminare il tuo account da tutti quei siti web che non bazzichi più.
Che emozione! Sulla CNN parlano di Ollolai, che offre rifugio agli americani delusi dall’elezione di Trump (per chi non lo sapesse, è un paesino sardo, non distante da dove nacque mia mamma).
Le 15 tendenze social media che plasmeranno la tua strategia del 2025, secondo Hootsuite.
Ti segnalo il docufilm Buy Now: l’inganno del consumismo, ora in onda su Netflix. Non dice nulla che già non sappiamo, o che non sappiano già gli addetti ai lavori, ma una rinfrescata su alcuni temi può essere utile (anche perché certe immagini sono preoccupanti).
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Uso Meco già da un po’ e devo ammettere che leggere le newsletter fuori dalla casella email in tutta calma, in modo più organizzato, è tanta roba. Menzione speciale per l’app: è fatta benissimo ed è ora disponibile anche per Android.