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A presto,
Antonio
PS 1: Grazie per l’interessamento mostrato in Newsletter Italiane! Noto con piacere che l’advertising all’interno delle newsletter sta stuzzicando sempre più aziende e professionisti anche qui in Italia (era ora).
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Nella newsletter di due settimane fa avevo illustrato quelli che, secondo il mio personalissimo punto di vista, sarebbero potuti essere i trend da monitorare con maggiore attenzione nel 2024. Tra questi, la disinformazione galoppante sui social o, come l’ho definita allora, disinformazione 3.0.
Per sostenere la mia argomentazione, sono partito prima di tutto da una falsa convinzione: su Twitter/X c'è una maggiore diversità di opinioni. Incredibile, no? In questo articolo si osserva l'evoluzione dell'uso della piattaforma nel tempo. Sorprendentemente - o forse no - X, in confronto ad altre piattaforme, è percepito come un punto di riferimento per le news in real time, specialmente quelle provenienti dai media mainstream, da fonti minori/alternative, da influencer/debunker e dai politici stessi. E lo studio di cui parla l’articolo rivela che piattaforme come X espongono le persone a una gamma di notizie politicamente più variegata rispetto a quella che potrebbero altrimenti incontrare, smentendo così la convinzione sulla presenza di camere dell’eco.
Insomma, per riassumere, la colpa della disinformazione non è quasi mai dell’app, ma dell’atteggiamento di chi la frequenta.
La criticità, infatti, risiede nel fatto che determinate piattaforme possono essere utilizzate maggiormente da coloro che hanno meno strumenti per discernere scientemente tra realtà e finzione, fra vero e fake. I più giovani, quindi. Sempre più teenager, infatti, stanno utilizzando app come TikTok come unica porta di accesso all’attualità, dove vengono coinvolti in un tourbillon di informazioni, non sempre attendibili.
Se la piattaforma ha da subito puntato sull'intrattenimento, gli usi si sono evoluti verso funzioni di ricerca e informazione, dai video provenienti dai campi di battaglia ucraini, alla querelle legale tra Johnny Depp e Amber Heard passando per, più recentemente, il conflitto israelo-palestinese.
Secondo Reuters, il 20% dei giovani tra i 18 e i 24 anni utilizza regolarmente la piattaforma per informarsi, registrando un aumento del 5% rispetto all'anno precedente, mentre uno studio del Pew Research Center mostra come questa percentuale sale al 32% per i giovani tra i 18 e i 24 anni, rispetto al 9% nel 2020 negli USA. Nel Regno Unito, la piattaforma è diventata la principale fonte di notizie per la Generazione Z, superando Instagram e YouTube.
E in Italia? La situazione è simile.
L'idea di utilizzare TikTok come accesso primario alle notizie dovrebbe suscitare più di una perplessità, dato che gli utenti non hanno un vero e proprio controllo sull'algoritmo e il feed For You sembra seguire una propria logica di pubblicazione. Per intenderci: anche se tu fossi iscritto agli account de La Repubblica o del Washington Post, non ci sarebbe l’assoluta certezza di imbattersi in essi durante una delle tante sessioni di scrolling quotidiane.
Accessibile tramite la piccola lente d'ingrandimento in alto a destra dello schermo, la barra di ricerca di TikTok è diventata un'alternativa reale a Google per il 40% dei giovani. Lo conferma anche il Senior Vice President di Google Raghavan, specificando che, secondo i dati, gli utenti preferiscono usare TikTok per trovare un posto dove mangiare o un prodotto da acquistare piuttosto che il loro motore di ricerca.
Quando si arriva sulla pagina di ricerca, l'app offre una pletora di suggerimenti piuttosto variegati, basati sui termini di ricerca più popolari. Ci sono le tendenze del momento oppure link a video sponsorizzati. Infine, c’è l’attualità, che rappresenta però una categoria estremamente fumosa.
Va detto che il modo con il quale TikTok tratta i termini di ricerca è un vero e proprio ginepraio che mescola, senza alcuna apparente gerarchia, informazioni reali, pettegolezzi e fake news. E le pagine complottistiche ne approfittano per inserirsi nei cosiddetti data void (vuoti informativi nei termini di ricerca) che si creano al suo interno. Ne è un esempio il recente battage mediatico seguito al conflitto nella striscia di Gaza: secondo un rapporto di Politico, ha generato da tre a quattro volte più disinformazione online rispetto a qualsiasi altro evento precedente.
Sono comunque da segnalare gli sforzi di istituzioni e media tradizionali per limitare le conseguenze nefaste di questo trend: la Commissione europea ha inviato una richiesta di informazioni a TikTok in merito all'uso dei loro servizi da parte dei minori e alle misure adottate per proteggerli.
Ma chi sono gli account che diffondono notizie su TikTok? Ci sono centinaia di migliaia di pagine che riassumono i fatti utilizzando video o immagini prelevate - indebitamente - dalle reti e testi generati e letti dall’IA. Poi ci sono i racconti di pseudo-giornalisti e tiktoker che ogni giorno producono video spiegando in modo più o meno accurato le ultime notizie di attualità.
Ci troviamo in un nuovo ed indistinto terreno informativo ed è fondamentale, prima di tutto, considerare come gli utenti definiscono il concetto di informazione. Su TikTok, la gerarchia tradizionale, che pone le notizie politiche prima dei gossip sugli influencer, non trova più spazio. Privi della mediazione giornalistica, gli utenti esplorano attivamente gli argomenti di loro interesse, sfruttando la barra di ricerca e possono successivamente formulare opinioni personali. Secondo quanto riportato dai ricercatori Kjerstin Thorson e Ava Francesca Battocchio, i giovani adulti si configurano come architetti attivi del proprio universo mediatico.
E anche se TikTok potrebbe non essere la scelta più appropriata per cercare informazioni, la sua natura imprevedibile non fa altro che attrarre gli utenti più giovani. Essi non sono intimoriti ma anzi affascinati dalla possibilità di esplorare diversi argomenti senza le tradizionali misure di sicurezza dei media storici. Le nuove generazioni sono alla ricerca di un approccio più informale e accessibile per aggiornarsi sugli eventi correnti ed i media tradizionali stanno perdendo terreno, e ciò non dipende solo da una diversa codifica comunicativa: numerose critiche emergono anche riguardo alla loro vicinanza al potere, sia esso politico o corporativo.
Stiamo assistendo a una trasformazione significativa, quindi: l'essenza dell'intrattenimento si sta spostando sempre più nel territorio dell'informazione (e viceversa), ma un tale mutamento nelle modalità di acquisizione delle informazioni può portare a conseguenze spiacevoli. I creator, esenti da standard deontologici e fact-checking accurato, sono spesso la prima fonte di fake news e distorsioni informative e contribuiscono a generare un'opinione pubblica più che disordinata e che può accrescere le divisioni sociali, tanto che alcuni hanno iniziato a definirla TikTok Propaganda.
Diminuzione dell’audience e minori investimenti pubblicitari
La diminuzione dell'audience dei media tradizionali si traduce in minori investimenti pubblicitari e, di conseguenza, in budget ridotti per formati più approfonditi e per il giornalismo investigativo. Nonostante ciò, sempre più testate tradizionali hanno deciso di sperimentare nuove filosofie comunicative sul social cinese. TikTok è diventato il place-to-be anche per chi ha sempre fatto informazione su altri canali e numerosi media tradizionali hanno inaugurato il proprio account sul social. Il database collaborativo curato da
Mapping Journalism on Social Platforms, elenca oltre 800 account TikTok di testate giornalistiche nell'ultimo aggiornamento di maggio 2023. E sono numeri destinati a crescere: tra i direttori intervistati da Reuters, la maggioranza ha dichiarato di voler intensificare la propria presenza su TikTok nei prossimi mesi.I media hanno compreso l'importanza di essere presenti sul social e per raggiungere efficacemente il pubblico più giovane, è necessario adottare un tono e uno stile comunicativo adeguati alla piattaforma.
Il Washington Post ne è un esempio calzante. Uno degli aspetti più distintivi del suo canale TikTok, infatti, è l'umorismo. I loro video presentano conduttori giovani, tra i 20 e i 25 anni, che ricorrono ad esso per illustrare le ultime notizie attraverso degli sketch. Una produzione e un montaggio che richiedono più impegno di quanto possa apparire a prima vista. Le emittenti televisive riadattano i propri contenuti per TikTok con strategie differenti. Alcuni puntano sull'intrattenimento, altri sull'informazione. Si tratta di un autentico laboratorio di sperimentazione, ancora in fase di definizione. Nonostante umorismo e intrattenimento siano preponderanti, esistono account che adottano un approccio giornalistico più tradizionale.
Qui in Italia, ad esempio, Repubblica preferisce riproporre video presenti già sul sito e accompagnarli da brevi descrizioni mentre il Corriere pare volerci credere un po’ di più, inserendo interventi di opinionisti ed inviati oppure altri contenuti creati ad hoc per la piattaforma.
Ergo, possiamo affermare che su TikTok esiste un panorama giornalistico ancora tutto da esplorare.
Intelligenza artificiale e synthetic content
Ad aggravare le cose nel futuro prossimo ci sarà ovviamente l’IA generativa. Sì, perché nell'era dell'informazione digitale, l'emergere dell’IAG nel giornalismo rappresenterà un’arma a doppio taglio. Da un lato, prometterà una rivoluzione nella produzione di notizie, offrendo la possibilità di creare contenuti altamente personalizzati e aggiornati in tempo reale. Questa prospettiva apre le porte a un giornalismo più efficiente e mirato, capace di soddisfare le esigenze informative individuali con una precisione senza precedenti. Dal 2024, ad esempio, Channel1 News impiegherà avanzati modelli linguistici per realizzare programmi personalizzati per ciascun utente generati dall'intelligenza artificiale, creando palinsesti adattati agli interessi di ciascuno.
D'altro canto, però, l'introduzione dei synthetic content solleva serie preoccupazioni riguardo alla misinformazione e disinformazione. Il potenziale di generare notizie false o fuorvianti è una minaccia palpabile per la fiducia del pubblico e per le fonti d'informazione più autorevoli.
Durante le elezioni in Argentina, le immagini generate dall'intelligenza artificiale sono state utilizzate per denigrare i candidati, mentre in Slovacchia, pochi giorni prima del voto, sono state rilasciate false registrazioni audio di un candidato che discuteva su come manipolare le elezioni. Anche se questo tipo di attacchi aumenteranno, è difficile conoscere il reale impatto sul pubblico. D'altra parte, in tanti ritengono che saranno gli assistenti conversazionali AI integrati negli smartphone a cambiare il modo in cui cerchiamo ed otteniamo informazioni: alcuni strumenti come Perplexity.ai sono in grado di fornire riassunti approfonditi su qualsiasi articolo e questione di attualità. E strumenti come questo potrebbero diventare gli interlocutori preferiti da parte degli utenti più giovani (resta da vedere come verranno addestrati questi modelli e su quali tipologie di fonti - vedi Grok di Twitter).
In un'epoca già abbondantemente segnata da fake news e teorie del complotto, l'aggiunta di un ulteriore strato di complessità tecnologica potrebbe aggravare ancor di più la situazione, rendendo sempre più difficile distinguere tra realtà e falsità.
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L'Humane AiPin ha un nuovo e formidabile rivale: il Rabbit R1. Questo dispositivo è alimentato da intelligenza artificiale e opera tramite Rabbit OS, un sistema operativo avanzato basato su un Large Action Model (LAM). Questa tecnologia permette l'automazione di varie funzioni come riproduzione musica, creazione post sui social e invio messaggi. Il successo nella prima fase di prevendita del Rabbit R1 è notevole, con i primi 10.000 esemplari già andati sold out. Contribuiscono a questo successo il prezzo competitivo di 199$ e l'eccellenza ingegneristica del team di Teenage Engineering. Lo studio svedese è rinomato nel mondo del design, sia per i suoi dispositivi innovativi per fare musica elettronica che per le collaborazioni con Nothing, AIAIAI e IKEA. Qui la filosofia dietro le loro creazioni.
Se anche a te, come al sottoscritto, danno dannatamente fastidio i thumbnail dei video Youtube con quelle facce perennemente sorprese, quei titoli esageratamente clickbait e colori sgargianti allora questa estensione Chrome fa al caso tuo: le rimuove automaticamente e le sostituisce con delle immagini random - molto meno ammiccanti - presenti nel video.
Solito imperdibile approfondimento de Il Post: uno dei tanti lati negativi dell’influencer marketing: quando ristorantini piccoli e a conduzione familiare, caratteristici per via della loro atmosfera intima e raccolta, vengono assaltati dall’oggi al domani dopo un post del TikToker di turno.
Una collezione di opere musicali, artistiche o letterarie diventate di dominio pubblico nel 2024 (e quindi utilizzabili senza infrangere il copyright). Una di queste ti lascerà a bocca aperta.
Può un vino da 2,50€ vincere un rinomato concorso internazionale? Si, ed è merito (o colpa) dell’Halo Effect.
Sport & Concert travelling, Astro travelling, coolcation e altri trend che riguardano il mondo dei viaggi e che dovresti studiare nel 2024.
Gli insegnanti del futuro potrebbero essere dei chatbot?
Roam Around è un travel organizer basato sull’intelligenza artificiale: tu gli dici dove e quando vuoi partire e lui stila un programma di viaggio completo di escursioni, luoghi dove mangiare, dormire e angoli ancora da esplorare (se mai ce ne fossero). Puoi anche scaricare il programma in PDF e acquistare le attrazioni direttamente sul sito. Le vacanze estive sono al sicuro.
Aboard è un’app che ti aiuta a salvare, catalogare e gestire tutti i tuoi bookmarks online. Se conosci già Raindrop, è molto simile. C’è dietro l’IA e puoi usarla anche su smartphone (al momento solo per iOS).
Fin è un potente chatbot AI di Intercom, che utilizza sofisticati modelli linguistici di intelligenza artificiale e che assiste autonomamente i clienti con risposte sicure, accurate e colloquiali basate esclusivamente sui contenuti di supporto. Omnicanale e multi lingue.
"la colpa della disinformazione non è quasi mai dell’app, ma dell’atteggiamento di chi la frequenta"
Ricordo un'accesa discussione con mio padre (gen. baby boomer): io gli sconsigliavo caldamente di guardare il TG1 perché per mille motivi non mi sembrava una buona fonte di informazione; lui lamentava che se le persone hanno opinioni mediocri è colpa di quello che propongono i telegiornali; io ribattevo che poteva anche scegliersi altri TG , uscire dalla pigra zona di confort e individuare fonti di informazione alternative. La disinformazione non è mai colpa del mezzo, ma dell'umano che sceglie di non approfondire, di non ascoltare altre campane, di fermarsi al mezzo "più facile" da digerire.