Creare contenuti per continuare ad esistere
Il paradosso degli algoritmi e della rilevanza online
Ciao , buon venerdì!
Pubblicare - o, in altri termini, creare contenuti - è la cosa più incredibile che si possa fare sul web. La rete funziona come una gargantuesca macchina della serendipità, che si mette in moto ogni volta che clicchi sul tasto Pubblica, ed il tuo nome, i tuoi pensieri, le tue considerazioni finiscono nella mente di un’altra persona, generando a sua volta nuovi pensieri e nuove considerazioni.
Ma la stessa regola vale anche al contrario: se ci si nasconde, se si smette di pubblicare e di essere dunque presenti, si scompare per sempre dalla mente degli altri. E quello stesso spazio che prima presidiavi con fatica e dedizione, sarà presto occupato da altri. Quasi tutta la magia di internet scompare, proprio quando decidi di non pubblicare più nulla.
Io potrei smettere di scrivere questa newsletter oggi stesso, e da domani nessuno si ricorderebbe più di me, probabilmente.
Questa considerazione nasce dal fatto che sono iscritto a così tante newsletter che mi sono reso conto solo pochi giorni fa che una delle mie preferite non sta più pubblicando da quasi un anno. Questo è quello che succede con la infobesity. Questo è quello che succede quando abbiamo accesso a troppi contenuti da consumare. E, ahimè, non c’è molto che possiamo fare.
E poi il contenuto sta tendendo a diventare una merce dissociata dal suo autore. Una semplice scarica di dopamina. Godetevi questo video, che esemplifica magistralmente il concetto di cui sopra.
La tendenza generale dei social e dei canali digital è ormai piuttosto evidente: un creator può pubblicare per soddisfare se stesso o per condividere un pensiero, ma deve forgiare sempre più i propri contenuti per soddisfare anche l'algoritmo. Ed è costretto a farlo per evitare di essere penalizzato dalla piattaforma e continuare a beneficiare della diffusione delle proprie creazioni. È un circolo vizioso che si attiva ogniqualvolta si decide di far partire la macchina della serendipità di cui parlavo prima. I creator sono costretti quindi a pubblicare contenuti che soddisfino le aspettative delle piattaforme (più che degli utenti), utilizzando i formati più indicati e potenzialmente virali in quel determinato momento.
Oggi un reel otterrà più like di un carosello, così come i video stile podcast funzioneranno più di una semplice foto e di una caption elaborata. Tutto è quindi progettato per suscitare empatia quasi esclusivamente nell’algoritmo. E così sarà fino al prossimo switch deciso dallo Zuckerberg di turno. Magari un giorno lui ci dirà: “Sapete cosa? D’ora in poi voglio dare priorità agli avatar nel Metaverso, basta video e foto” E, noi tutti ci ingegneremo nel cercare di creare il nostro clone virtuale più credibile di sempre.
In queste condizioni l’artista/creator/decidi tu, rischia di trasformarsi in una stupida marionetta i cui fili digitali sono tenuti dai giganti della Big Tech. E, così facendo, si rischia di imporre una forma di definizione della bellezza, attraverso una logiche coatte rispetto ai desideri reali degli utenti. Ecco perché dobbiamo coltivare il nostro gusto personale, ora più che mai (ne parlavo giusto settimana scorsa).
Non sorprende che sempre più brand e creator decidano di smettere di alimentare i propri social. Solo diventando invisibili, alcuni tornano ad essere popolari (vedi Lush, Bottega Veneta o Ye che ormai crea un post per cancellarlo poche ore dopo). È il paradosso dell’indigestione di contenuti ai quali siamo ormai assuefatti.
E allora il mio impegno nel continuare a scrivere LetMeTellIt, nonostante i tanti impegni e responsabilità che richiede la paternità, non è tanto per restare rilevante (la mia carriera, la mia vita privata, e soprattutto il mio conto in banca resterebbero sostanzialmente gli stessi anche se smettessi di farlo) ma quanto e soprattutto per mantenere fede al mio patto con il lettore. Soprattutto quello che continua a leggermi settimanalmente dal 2020.
Magari mi vedrete meno sui social, magari riceverete meno newsletter, ma ricordatevi di me, ogni tanto.
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Alcuni marchi stanno iniziando a prenotare gli URL su Substack (la piattaforma che uso per inviare questa newsletter), e questo potrebbe far pensare ad una nuova tendenza da parte dei brand che vogliono dare sempre più importanza ai media proprietari (quasi, perché in questo caso di proprietario c’è solo la lista degli iscritti).
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Un’app abbastanza semplice per automatizzare i post sui social.
Uso Meco già da tempo, e posso godermi le mie newsletter preferite fuori dalla casella email in tutta calma, leggendole in modo più pulito. E l’app, sia per iOS che per Android, è fatta molto bene.