Boom di turisti o Tourist Doom?
Viaggiatori o invasori? L'Impatto del turismo di massa in Italia e non solo
Rieccoci qui!
le prossime settimane saranno toste. Se salterò qualche episodio, ti prego di perdonarmi.
Intanto, alcune news simpatiche: con la newsletter di oggi nasce lāAI Corner. Nell'ultimo periodo ho potuto constatare come i link più cliccati riguardassero, in un modo o nellāaltro, l'intelligenza artificiale. Ć chiaro che c'ĆØ fame di conoscenza e, dal momento che io stesso sto imparando, desidero utilizzare questo spazio per un proficuo confronto.
E, sempre con lāausilio dellāintelligenza artificiale, integrerò lāarticolo con una versione āpodcastā, per chi volesse fruire del contenuto mentre guida o fa jogging. La voce ĆØ la mia, ma clonata da Eleven Labs (cosƬ ti posso risparmiare il mio pessimo accento sardo), la musica ĆØ generata da Stable Audio, mentre il tutto ĆØ mixato in Descript.
Spero apprezzerete. In caso contrario, la mia inbox ĆØ sempre aperta per suggerimenti, critiche ed offese personali.
A presto,
Antonio
P.S. Molti di voi hanno segnalato due link non funzionanti nella scorsa newsletter. Uno riguardava il Product Market Fit (eccolo qui), mentre l'altro era un post su Linkedin che l'autore originale deve aver rimosso. Sorry.
Dopo tre anni di lockdown, il turismo ha ritrovato vitalitĆ quest'estate come una fenice risorta dalle ceneri, eclissando i dati del 2019 in alcune cittĆ europee come Barcellona, Atene, Santorini, Maiorca, e nelle nostre Roma, Venezia, Capri e Milano. La ripresa ĆØ stata trainata soprattutto dagli americani, armati di dollaro pesante, mentre la presenza massiccia dei viaggiatori orientali ĆØ ancora lontana; i voli dall'Asia-Pacifico sono calati del 45% rispetto al 2019.
Tuttavia, se guardiamo lāaltra faccia della medaglia la situazione ĆØ meno idilliaca. Roma o Venezia diventano teatri per selfisti ossessionati, e angoli segreti, una volta noti solo a pochi iniziati, sono ora invasi da orde di turisti, il più delle volte senza unāeducazione di base.
A chi imputare le colpe? Certamente, la fame di viaggi post-lockdown ĆØ un catalizzatore mica da ridere, a cui si aggiunge il vento promozionale alimentato dai social o da serie TV come White Lotus. In ogni caso, lāover tourism non ĆØ un fenomeno nuovo, ma quest'anno la pressione ĆØ stata davvero asfissiante. Siamo balzati dai 25 milioni del 1950 a 1,4 miliardi di oggi, secondo l'UNWTO.
L'ironia ĆØ che i turisti, pur essendo parte del problema, non hanno mancato di esprimere il loro disappunto sui social. Alcuni content creator americani hanno persino inaugurato il trend del lamento, affermando che lāItalia non ĆØ poi quellāeden firmato Dolce & Gabbana che si aspettavano di trovare. In certe aree inoltre, il rapporto tra visitatori e residenti ĆØ stato talmente squilibrato che l'esperienza ĆØ diventata una sorta di realtĆ distopica, priva dell'autenticitĆ tanto cercata.
Il turismo di massa ha quindi portato anche tante cose negative. Numerose metropoli europee stanno indossando l'armatura legislativa per arginare lāover tourism, adottando soluzioni come la tassa dāingresso o le fasce orarie per alcuni monumenti. Il dibattito sull'over tourism ĆØ acceso, ma l'Unione Europea non lo ha ancora considerato un problema prioritario.
Per mitigare i danni, il turismo sta provando a mutare il suo DNA, puntando su sostenibilità ambientale e nuovi modi innovativi di esplorare il mondo. E la consapevolezza cresce anche tra i viaggiatori, che cercano esperienze più autentiche e rispettose dell'ambiente e delle culture locali.
Dicevamo dellāimpatto del digitale. I social media e il marketing online hanno un ruolo ambivalente nel racconto del turismo. Da un lato, fungono da catalizzatori, rendendo qualsiasi destinazione ā dalle metropoli scintillanti ai borghi dimenticati ā irresistibili opere d'arte pronte per la fruizione di massa. Instagram e TikTok agiscono come depliant virtuali, dove ogni scorcio diventa un dipinto da catturare ad ogni costo, e ogni esperienza un buffet in cui ci si può servire a piacimento. In questo senso, il marketing digitale ha affinato l'arte di trasformare il mondo in un catalogo turistico.
Ma una narrazione idilliaca porta con sĆ© una serie di spiecevoli conseguenze: la stessa visibilitĆ che i social media conferiscono a luoghi in precedenza poco conosciuti ĆØ la stessa maledizione che li condanna (chiedere alla povera Islanda). La realtĆ viene spesso manipolata, filtrata e ritoccata fino a creare un'immagine cosƬ accattivante da essere quasi surreale, generando aspettative elevate che spesso sfociano in delusione. E non ĆØ solo il turista ad essere deluso; gli autoctoni vedono i loro spazi vitali trasformati in teatrini per performance spesso agghiaccianti, in cui la quotidianitĆ ĆØ disturbata dallāinvadenza del turista di turno.
In un contesto simile, la responsabilitĆ etica del marketing turistico e dei social media dovrebbe essere più cruciale che mai. Valorizzare l'autenticitĆ e la complessitĆ di una destinazione, invece di ridurla a un set di coordinate su Google Maps o a un hashtag, può essere un primo passo importante. E solo attraverso un approccio più bilanciato e responsabile, potremo sperare di mantenere intatta la magia che cāĆØ nel viaggiare, preservando cosƬ l'integritĆ dei luoghi e delle culture che decidiamo di visitare.
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Tempo fa avevo parlato di Mailbrew per creare riepiloghi giornalieri via email delle proprie fonti dāinformazione preferite. Ora cāĆØ un nuovo competitor promettente.
Ora voglio riascoltarlo con l'accento sardo. :)
A Cagliari in questa estate mi sono concessa solo 2 volte il "lusso" di una passeggiata in centro. Oltre le attività ordinarie lavoro/campo estivo era impossibile fare altro. Chi ci vive viene di fatto estromesso dai propri spazi vitali perché sono semplicemente occupati dai turisti. Niente è più sostenibile, soprattutto i servizi basici come la sanità , e tutto diventa più caro per spennare il turista di turno.
Pensavo e speravo fosse un fenomeno passeggero post covid ma non lo è e dal mio punto di vista non lo sarà a breve termine perché incoraggiato dalle politiche locali e regionali.
P.s io ho fato pace con il cognome e con l'accento comunque š