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Un saluto da Alghero!
Avrai notato che ho saltato l’edizione scorsa della newsletter, essenzialmente per tre motivi: perché non ero particolarmente ispirato, perché c’era la Pasqua di mezzo e perché sono pigro. Patologicamente pigro.
La prima volta che ho sentito parlare di pigrizia, è stato a scuola e ai miei allenamenti di nuoto. All'epoca non ne avevo afferrato il senso, ma viste le continue punizioni, i voti insufficienti e gli strilli del coach a bordo vasca, capii che probabilmente questo atteggiamento mi avrebbe reso difficile la vita da studente (e non solo).
Dei sette peccati capitali, sembra che la pigrizia sia quella apparsa per ultima e fu inizialmente elevata al rango di peccato per condannare l'atteggiamento dei monaci che si abbandonavano all'apatia e alla stanchezza, le quali impedivano la contemplazione, aprendo così la porta ad un malsano vagare della mente.
Determinato dalla sua finalità materialistica, anche questo periodo storico non lascia certo spazio all'uomo che vuole riappropriarsi del proprio tempo e, anzi, mettendolo alla gogna e facendolo vergognare della propria indolenza.
Ma la pigrizia è davvero così negativa?
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Il pigro non è cattivo.
È qualcuno che si è reso conto che la pigrizia è anche, e soprattutto, rifiuto dei luoghi comuni dell'ascesa sociale, del successo materiale e di una vita tracciata sin dall’inizio, pianificata.
(…) essere pigri non era un dono. Poteva essere un tormento, e non soltanto per lo stigma che bisognava sopportare. Essere pigri voleva dire sentirsi sempre fuori luogo, vivere un’eterna irrequietezza per il fatto di non aver un posto nel mondo. Per spiegare questa sfumatura dello spirito, Dario aveva una teoria che partiva da lontano (…)
da Buoni a nulla: Fondamenti di una teoria dell'ozio di Matteo De Giuli
Anche la storia di Pilvi Takala, che ho letto nella newsletter di
mi ha fatto pensare:E Bill Gates, non l’ultimo degli inetti, ha detto pochi anni fa che se dovesse scegliere una persona per un lavoro difficile, prenderebbe una persona pigra perché, più di chiunque altro, troverà sempre il modo più semplice per farlo. Al pigro in genere piace lavorare velocemente per poi godersi indefiniti periodi di inerzia che gli permettono di riposare, sognare e contemplare. I ricercatori della Florida Gulf Coast University hanno persino scoperto che le persone con un QI elevato erano spesso più pigre di altre. E volendo andare oltre, il professore giapponese Eisuke Hasegawa ha dichiarato che le persone notoriamente pigre erano molto spesso le più reattive in contesti di emergenza.
Ergo, la pigrizia può avere un impatto positivo in molti contesti, anche sul mondo del lavoro, contribuendo ad una migliore qualità della vita e ad una maggiore produttività. Essa permette di prendere in considerazione il piacere e il desiderio, piuttosto che imporre costantemente coinvolgimento e impegno.
La pigrizia è quindi spesso vista in modo negativo, ma può anche essere interpretata come un'economia di tempo e risorse mentali.
Da Vita Lenta di
:Tra l’altro, adottare una certa forma di pigrizia può ridurre lo stress e il rischio di burnout, rendendo le persone più reattive e creative, e può favorire la produttività se bilanciata correttamente con il lavoro attivo.
I cambiamenti nella forza lavoro, fenomeni come quiet quitting, great resignation, bare minimum monday e affini, remote/smart working e l'introduzione di politiche come il diritto alla disconnessione, mostrano che la società sta riconoscendo il bisogno di un approccio diverso al lavoro e al benessere dei dipendenti.
E poi ci sono automazioni e intelligenze artificiali che ridisegneranno il mondo del lavoro, sostituendo alcune posizioni e creandone di nuove. Per rimanere competitivi, i lavoratori dovranno essere quindi più creativi ed efficienti, e dovranno concentrarsi meno su quei compiti ripetitivi richiesti dai cosiddetti lavori di merda (à la David Gerber).
Anche il concetto di reddito universale potrebbe contribuire a stabilire un diritto alla pigrizia, cambiando il modo in cui percepiamo il lavoro e il suo valore nella nostra vita. Invece di lavorare solo per guadagnare un reddito, le persone potrebbero scegliere un lavoro basato sulle proprie passioni ed interessi.
Ma cosa significa essere pigri a lavoro? Guardiamo oltre il modo di pensare ordinario: la pigrizia non significa non fare nulla. Repeat after me: la pigrizia non significa non fare nulla.
Il lavoro si dovrebbe misurare in produttività piuttosto che in kilojoule: ecco tre motivi per cui credo che le persone pigre abbiano più successo al lavoro rispetto alle altre.
1) Trovano modi semplici per completare più velocemente un compito difficile.
Ad esempio, se c'è un compito difficile da gestire, l'individuo stakanovista sa che dovrà valutare se stesso in base al numero di ore passate oltre l’orario d’ufficio. Il pigro invece troverà sempre un modo più semplice e veloce per arrivare al medesimo risultato e timbrare il cartellino. Mi piace pensare che il telecomando sia stato ideato da un pigro che non voleva alzarsi per cambiare canale.
2) Hanno occhio per il talento.
I pigri vogliono essere produttivi, ma in modo differente. Se gli assegni un compito da svolgere, la loro testa inizierà a pensare subito ad una scorciatoia. E la maggior parte delle volte penseranno: "Chi posso delegare per fare questo?". Ciò li porta a sviluppare un occhio assoluto per il talento: scoprono facilmente i punti di forza degli altri e trovano un modo per convincerli a fare il lavoro con loro (o al posto loro). Il lavoratore non pigro non riesce a riconoscere il talento quando si presenta, perché il suo mantra è quasi sempre "se posso farlo io, perché farlo fare a qualcun altro?"
Quindi la delega è, a mio avviso, una delle strategie di gestione più efficaci. Elimina i compiti che non apportano alcun valore al raggiungimento degli obiettivi, mentre delega ad altri quelli che lo aiuteranno nel realizzarli. Questo, solitamente, è lo stile di vita di un imprenditore pigro. Un imprenditore o manager, di quelli sempre super busy, non è certo da idolatrare. È solo poco furbo.
3) Costruiscono sistemi.
I pigri amano le vacanze e vogliono del tempo libero per loro stessi. La settimana lavorativa di quattro giorni è possibile, indipendentemente dalla tipologia del lavoro, se si impara ad essere realmente pigri. Tuttavia, i pigri DOC sanno che se vogliono vivere questo tipo di vita, devono trovare un modo per far funzionare le cose anche senza la loro presenza. Quindi, fin dall'inizio, iniziano a costruire sistemi attorno alla loro attività, facendo un sapiente uso delle deleghe e della produttività. Una cosa che il lavoratore non pigro farebbe fatica a fare.
In conclusione, una dose equilibrata di pigrizia può inaspettatamente rivelarsi fondamentale per il successo di tante aziende ed il benessere dei dipendenti. Insomma, sebbene ancora mal percepita, la pigrizia ha tanti benefici come il riposo, la riflessione, la creatività e la reattività, i quali possono aiutare a rispondere alle sfide poste dal lavoro moderno e ai cambiamenti in atto nella forza lavoro del futuro.
D'altronde, come disse Ronald Reagan:
“Non è mai morto nessuno per il troppo lavoro… ma perché rischiare?”
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