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Antonio
Le persone hanno cominciato da un po’ a riunirsi in piccole comunità basate su interessi di nicchia. Gruppetti di appassionati di vinili punk anni '80, fanatici dello yo-yo, esperti di street art neozelandese. Ad un tratto siamo arrivati ad una comunità per qualsiasi cosa, non importa quanto oscura o di nicchia. E, come sempre in questi casi, è stata coniata una parola ad hoc per descrivere il fenomeno: nichification.
In realtà la frammentazione è esistita da sempre, solo che i social media hanno permesso di aggregare facilmente tutti gli utenti con la stessa passione. Prima rimanevano isolati, o al massimo si ritrovavano al bar sotto casa la domenica pomeriggio.
Ora, invece, c’è sempre quel blog / account TikTok / canale Youtube nerdissimo che si dedica ad un argomento sconosciuto ma che riesce comunque a fare ottimi numeri in termini di views, iscritti e sottoscrizioni. La specializzazione premia, insomma.
Ed è divertente osservare il cambiamento soprattutto tra i giovani, che colgono l'occasione per esprimere la propria identità eccentrica, lontano dal mainstream. La generazione Gen Z non è più interessata a conformarsi alle masse o a seguire lo status quo. Invece, cercano una profonda comprensione di chi sono per connettersi con individui con interessi simili. Questo desiderio li ha portati a costruire comunità che vanno oltre le limitazioni geografiche, grazie all'uso dei social e di app come Discord.
Ad esempio, il rapper Corteiz ha costruito una forte affinità con il suo brand attraverso account Instagram privati e vendite limitate. Slawn ha creato 'The Slawn Club' in modo da avere un accesso esclusivo con i suoi fan. E Kanye West ha lanciato qualche mese fa il suo nuovo album, DONDA 2, attraverso un dispositivo da 200 dollari, mostrando il potere della connessione diretta con la sua fan base.
Questo modus operandi si sta diffondendo in ogni ambito: sport, musica, cinema, perfino la cucina. Se sei appassionato di tagliatelle al tartufo bianco dell'Appennino, è molto probabile che esista una community anche per questo.
E, ça va sans dire, le aziende hanno colto la palla al balzo. Puntano a target sempre più verticali, basati su sistemi di valori definiti. In pratica vendono ai gruppi di appassionati delle nanoculture di cui sopra. Devono essersi accorti che aggregare intorno a sé una tribù comporta una fedeltà maggiore rispetto al passato. Il fenomeno della long tail teorizzato da Chris Andersen tempo fa si sta estendendo a macchia d'olio e l'enorme offerta di contenuti e interessi ha generato pubblici ultra-segmentati.
Insomma, è un processo che avanza senza sosta. Nascono spazi digitali frequentati da nerd che condividono ossessioni astruse, e con un gergo incomprensibile ai non initiés. Le sottoculture sono state sostituite dalle nanoculture.
A volte mi domando se sia un bene o un male. La diversità è ricchezza, ma anche la capacità di comprendersi è importante. Dialogare con chi la pensa all'opposto è una skill fondamentale, che rischiamo di perdere.
Forse abbiamo bisogno di figure in grado di fare sintesi. Di costruire ponti, creare occasioni di incontro e scambio tra gruppi che non si parlano. Qualcuno in grado di far emergere ciò che unisce piuttosto che ciò che divide.
Anche se non sono particolarmente ottimista di natura, credo che il bisogno di condividere esperienze comuni prima o poi prevarrà sulla tentazione di rinchiudersi nella propria echo chamber. O almeno spero.
Perché siamo tutti sulla stessa barca, anche se a volte ce ne dimentichiamo.
Alle imprese si chiede sempre più di operare in modo ambientalmente e socialmente sostenibile. Ma ricorrere al greenwashing e al brownwashing può costare caro, sotto il profilo reputazionale e finanziario. Soprattutto se alle parole non seguono i fatti.
I brand cercano di distinguersi dalla massa e aumentare l’engagement utilizzando linguaggio popolare e meme. Tuttavia, molti finiscono per apparire più cringe del dovuto.
L'intelligenza artificiale e gli strumenti di editing possono alterare in modo significativo sia video che foto, sollevando interrogativi su come questo possa influenzare i nostri ricordi. Sia nel bene (trattamento dello stress post-traumatico, per esempio) che nel male (manipolazione).
Un designer spiega, con dovizia di particolari, perché il rebranding da Twitter a X, voluto da Elon Musk, è un’operazione destinata al fallimento.
Articoli catastrofici sull’impatto dell’IA sul mondo del lavoro e dove trovarli.
Una check-list utile per creare la miglior landing page possibile.
I podcast che trasmettono rumori bianchi (quelli che si usano per rilassarsi o per far dormire un neonato) ottengono milioni di ore di ascolti ogni giorno, sono pagati meglio delle playlist musicali e questo è un grosso problema per Spotify.
Il 47% del traffico web nel 2022 è arrivato da un bot. Si, forse anche il tuo crush su Tinder.
Sono un millennial senza figli, ma vesto i panni del boomer nel segnalare che la crescente popolarità di TikTok sta sollevando preoccupazioni riguardo al suo impatto sul cervello, in particolare in quello dei più piccoli. Il fenomeno, denominato "TikTok brain", indica che i giovani che consumano contenuti brevi potrebbero trovare difficile partecipare ad attività che non offrono gratificazione istantanea. Sebbene la ricerca universitaria sia ancora nelle fasi iniziali, è emerso che l'uso eccessivo di contenuti brevi potrebbe portare a comportamenti di dipendenza col rischio di ridurre la capacità di sostenere l'attenzione in attività prolungate.
Bonus: una performance che unisce musica da sogno e paesaggi islandesi mozzafiato.
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