L’intelligenza artificiale generativa ucciderà davvero il web?
💡Due chiacchiere con Giorgio Taverniti.
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A presto!
Antonio
Google era mooolto meglio prima.
Questo è quanto emerge da uno studio condotto da alcuni ricercatori tedeschi sui risultati di ricerca di Google (ma anche Bing e DuckDuckGo). La causa principale? L'aumento dello spam tra i suggerimenti, gran parte del quale - ça va sans dire - generato dall'intelligenza artificiale.
Da quando fu inviata la prima mail di spam nel 1978, Internet ha visto un'escalation preoccupante di contenuti fuffa. E, ahimè, col tempo ci abbiamo pure fatto il callo. Ora, però, gli spammer si sono evoluti, hanno esteso il loro campo d'azione e sono diventati esperti nel manipolare gli algoritmi dei motori di ricerca. Il mercato è lucrativo, la tecnologia sempre più accessibile ed era quindi inevitabile che la SEO venisse sfruttata subdolamente per farci cliccare su quanti più link pubblicitari possibile.
Il problema è sempre il solito: le IA soddisfano gli algoritmi dei motori di ricerca, ma non le esigenze degli utenti. Gli articoli infarciti di keyword e senza un costrutto logico ci son sempre stati, ma ora sono molto più subdoli e fastidiosi. E il fenomeno non è destinato a diminuire: Europol aveva previsto che entro il 2026 il 90% dei contenuti online sarebbe stato generato o in un qualche modo modificato dall’intelligenza artificiale.
In attesa di scoprire chi sarà il vero disruptor (OpenAI o Perplexity o chi altro), possiamo divertirci a constatare come l’IA generativa applicata ai motori di ricerca sia ancora a caccia di una propria identità. Si pensi alla nuova funzionalità Overviews AI di Google (ad oggi non ancora disponibile in italiano) la quale fa sì che a molte delle ricerche degli utenti venga risposto con un riepilogo del contenuto, relegando l'elenco dei link a una posizione secondaria, visibile solo dopo diversi scroll.
Secondo The Verge, l'utilità di questa nuova funzione è ancora incerta. Il magazine ha riportato un esilarante episodio in cui, alla domanda su come far aderire il formaggio alla pizza durante la cottura, l'intelligenza artificiale di Google ha suggerito di aggiungere della colla (!?). Questo errore marchiano dipende dal fatto che l'IA ha recuperato l'informazione da un commento ironico di un utente Reddit su un post di circa dieci anni fa, senza riconoscerne il tono scherzoso, ma anzi considerandolo utile per il lettore.
Un altro esempio preoccupante è quello condiviso da Casey Newton su Threads: alla domanda quante pietre dovrei mangiare al giorno ha risposto che, sì, una piccola pietra al giorno può contribuire al fabbisogno giornaliero di minerali e vitamine.
Nei prossimi mesi assisteremo a numerosi episodi simili. Fa parte del percorso di evoluzione tecnologica. Ed è meglio accettarlo.
In ogni caso, credo che questo cambiamento rappresenti qualcosa di più profondo per noi utenti dell’internet. Non riguarda solo Google o un motore di ricerca specifico, ma tutte le attività che affideremo, interamente o parzialmente, all'intelligenza artificiale.
In passato, il processo di ricerca di informazioni prevedeva: esaminare il titolo, il dominio, l'autore della risposta, giudicare in base al design, all'UX, al linguaggio utilizzato, alla presenza di firme e ai rimandi a fonti affidabili. E con la possibilità di tornare all'elenco dei risultati per rivalutare i risultati.
Con le risposte generative di Google, delegheremo questo processo all'intelligenza artificiale, perdendo così la nostra agency. Inoltre, di questo passo, rischieremo di perdere anche l'intelligenza umana, ossia quella capacità di discernere se un contenuto merita davvero di essere letto, restando solo con il risultato che l’IA ritiene migliore per noi.
A che pro? Per una risposta più veloce? Per migliorare la nostra produttività?
Quotidianamente, faccio diverse ricerche tramite IA (più Perplexity o Exa che ChatGPT) ma un double check tra i risultati ottenuti e quelli dei primi link di Google o altre risorse affidabili è ancora più che necessario.
Le IA hanno allucinazioni, inventano, sono imprecise, forniscono informazioni non sempre fattuali. Non è un caso che sia ChatGPT che Perplexity vengano definite, da più parti, delle bullshit machine. Ogni versione è migliore della precedente, certo, ma al momento non possiamo ancora essere certi che ciò che viene sputato da ChatGPT & Friends sia rigoroso.
Non escludo che questo articolo invecchi male da qui a un paio di mesi, e che qualche player trovi un nuovo - evolutissimo - algoritmo con un livello di intelligenza tale che possa rientrare nel campo della piena affidabilità e non possiamo nemmeno negare che il nostro rapporto con il web non sarà più quello di 10 anni fa (e forse nemmeno di 5).
A tal proposito ho chiesto un paio di considerazioni a qualcuno di cui invece ci si può fidare eccome, se si parla di Google, motori ricerca, web e affini: Giorgio Taverniti.
Pensi che la SEO morirà o siamo ancora lontani da questo scenario? Quali cambiamenti principali prevedi in questo ambito nei prossimi 10-20 anni con l'avvento dell'intelligenza artificiale?
Ciao Antonio, grazie mille per questa intervista.
No, la SEO non morirà, ma cambierà. Io ho scelto di cambiare l'acronimo, considerando la SEO come Search Ecosystem Optimization e non più Search Engine Optimization, sin da quando ho pubblicato il libro Google Liquido. Ritengo che l'essere umano effettuerà ricerche all'interno degli ecosistemi e non solo nei motori di ricerca. Infatti, i motori di ricerca puri non esistono più da alcuni anni.
Prendiamo ad esempio il widget di ricerca di Google, che viene incluso sui telefoni. Non è esclusivamente una barra di ricerca: puoi andare su Google Discover, fare ricerche vocali, usare Google Lens e presto, anche utilizzare Gemini attraverso il microfono. Tutti questi sono ecosistemi a sé stanti.
Anche ChatGPT è diventato un ecosistema, offrendo sempre nuove funzioni. Il cambiamento principale sarà invece una frammentazione degli ecosistemi nei quali cercheremo informazioni. Questa frammentazione non riguarderà solo i luoghi digitali, ma anche i dispositivi fisici. Faremo ricerche sia tramite smartphone sia tramite altri device.
Prevedo quindi una frammentazione crescente e un aumento delle ricerche risolutive e specifiche nei prossimi 3-5 anni. Guardare oltre, a 10-20 anni, è difficile, ma sicuramente l'evoluzione continuerà in questa direzione.
Come possono i marketer SEO o gli editori assicurarsi che i loro contenuti rimangano autentici, rilevanti e di alta qualità in un mercato saturato da contenuti AI?
Secondo me, i sistemi di intelligenza artificiale, anche in futuro, valuteranno le informazioni privilegiando sempre di più i brand autorevoli. Pertanto, il problema dei contenuti risiede nella capacità di creare una voce forte e riconoscibile. Questa voce diventerà rilevante solo se supportata da un brand solido e da una notevole autorevolezza.
Per quanto mi riguarda, le nuove generazioni desidereranno sempre più autenticità. Non so se arriveremo ad avere una sorta di etichetta bio anche per i contenuti, ma in un mercato già saturo, indipendentemente dall'uso dell'IA, sarà necessario possedere una voce autorevole per distinguersi. Sono convinto che sarà questo a fare la differenza.
Non c'è il rischio di alterare i ruoli tra utente e motore di ricerca? In altre parole: come motore di ricerca, suggerisci risposte diverse e sei responsabile di tutto ciò che pubblichi. Il passo verso la proposta di un testo basato su una ricerca è significativo: ai nostri occhi, sono i motori di ricerca che ci rispondono. E quindi, sono responsabili di ciò che dicono. Questo non rischia di diventare pericoloso nel lungo periodo?
Già oggi, Google spesso propone testi costruiti autonomamente, agendo di fatto come un editore, anche senza le Overview. Quindi, Google è già responsabile per i contenuti, anche se non legalmente certificato come tale. In futuro, alcune realtà potrebbero decidere di rimanere motori di ricerca puri, emulando il Google di un tempo, e ricalcando quello che è successo con i forum, che hanno mantenuto la loro struttura storica quasi a voler rimarcare la loro identità.
Il problema, semmai, è che stiamo affrontando un presente che cambia e muta velocemente. In questo momento non credo che nessuno sia in grado di poter prevedere esattamente l'evoluzione del settore. Molto dipenderà dal comportamento delle nuove generazioni. Loro possono stravolgere tutto ciò che avevamo pensato, portandolo ad una visione completamente nuova.
È importante prestare attenzione a cosa vogliono i più giovani, così come è successo con TikTok. E dobbiamo capire come sarà percepita la responsabilità e la delega delle proprie scelte agli algoritmi. Pensiamo a Spotify: già ora Gen Z e Alpha affidano le loro scoperte musicali al colosso svedese senza porsi troppe domande.
Dobbiamo quindi chiederci quale sia l'insegnamento corretto sull’uso del web da dare agli internauti di domani. È un grande lavoro di consapevolezza che parte dalle scuole e che dovrà formare correttamente le persone.
Credo che questa sia la cosa più importante da fare in questo momento. Non vedo il rischio di un cambiamento radicale, anche perché alla base di qualsiasi tecnologia, sia essa un motore di ricerca o un'intelligenza artificiale, deve esserci la piena consapevolezza di ciò che stiamo utilizzando.
E anche se finora non l'abbiamo avuta, non è detto che non la svilupperemo nei prossimi anni.
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Grazie Antonio. Ho trovato MOLTO utile e interessante la breve intervista con Giorgio.
Questi due punti in particolare mi sembrano cruciali, affascinanti e quindi da approfondire:
1) La frammentazione degli ecosistemi nei quali cercheremo informazioni.
2) Necessità di forte autenticità e autorevolezza - etichetta BIO e voce autorevole.
Come si affrontano queste due sfide?