Le trappole del lavoro e cosa fare da grandi
E avere gli strumenti per costruire un futuro su misura.
Ciao , come va?
perdona per il rant di oggi ma ritengo che, di tanto in tanto, esternare alcuni pensieri faccia bene, sia a chi li legge, sia a chi li scrive.
Spero tu possa apprezzare.
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See you,
Antonio
Avete presente quando al supermercato e trovate una commessa non particolarmente affabile, un po' svogliata che si vede da un miglio che non sta facendo nulla di tutto ciò abbia mai minimamente sognato di fare, quand’era più giovane?
Mi è capitato proprio l'altro giorno all’Esselunga mentre cercavo invano una confezione di agar agar (don’t ask), salvo poi arrendermi e chiedere alla povera malcapitata.
Mi è tornato in mente quando a scuola la maestra ci chiedeva cosa avremmo voluto fare da grandi. Tra i banchi si levava solitamente un coro entusiasta di mille professioni. Eppure per qualcuno (la maggioranza a dire il vero) le cose sono andate diversamente.
È buffo ripensare ai sogni che avevamo da bambini: volevamo salvare il mondo - o perlomeno fare qualcosa di importante - ma poi il tempo passa, e quasi senza accorgercene ci ritroviamo a fare tutt'altro. Come se la vita prendesse il controllo delle nostre esistenze, portandoci dove vuole lei.
Certo, a volte è anche colpa nostra: per mancanza di coraggio finiamo per assecondare il flusso degli eventi senza opporre troppa resistenza e la paura del rimpianto influenza pesantemente le nostre scelte.
È più facile lasciarsi trasportare dalla corrente che lottare per risalire il fiume. E quando ci guardiamo indietro, non possiamo fare altro che constatare quanta strada abbiamo fatto.
Per questo provo sempre un misto di tenerezza e compassione per chi si ritrova incastrato in un lavoro che non ha scelto di fare. Perché in fondo capita spesso anche a me, e sono sicuro che sta capitando o è capitato - almeno una volta nella vita - anche a te che mi leggi.
La vita ci mette di fronte a bivi imprevisti, e non sempre sappiamo quale strada prendere. Compaiono ostacoli, si presentano difficoltà. E prima che ce ne rendiamo conto, ci ritroviamo incastrati in un ruolo o mansione per cui non abbiamo alcuna passione.
È un peccato, ma fa parte del gioco.
Un aiuto potrebbe arrivare anche da un'attenta analisi preventiva della nostra personalità. È una cosa alla quale uno non ci fa particolare attenzione da giovani: i nostri genitori ci indicano una via, ma cosa succede se quel sentiero non è quello che la nostra vera indole ci chiede di seguire?
Qualche tempo fa ne parlavo con un amico d'infanzia. Dopo un brillante corso di studi è arrivato a posizioni apicali in rinomate aziende italiane all’estero. Peccato che, alla soglia dei 40 anni, avesse iniziato ad odiare quel lavoro con tutto se stesso.
Per un lungo periodo ha continuato ad esercitare la professione solo per inerzia, ma il suo cuore era altrove. La scintilla che aveva dentro da bambino si era ormai spenta (ricordo volesse fare il medico). L'entusiasmo, insomma, era ormai un lontano ricordo.
Così, quasi nell’arco di un mese, ha deciso di dare le dimissioni, abbandonare il suo attico nella metropoli nordamericana, l’auto sportiva aziendale, il lauto compenso e tornare in Italia, nella piccola cittadina di provincia, dove le passeggiate in riva al mare con gli amici sono andate a sostituire i cocktail sul rooftop bar e dove i ritmi sono per natura più compassati, rilassati, umani.
Mi ha detto che l'unico rimpianto è di non averlo fatto prima. Di aver seguito pedissequamente il percorso tracciato dal suo orgoglio e dalla sua carriera senza nemmeno metterlo in discussione. Invece avrebbe dovuto ascoltare quello che il suo “io interiore” gli suggeriva già da diversi anni.
Forse dovremmo interrogarci più a fondo su chi siamo e cosa vogliamo diventare. Sperimentare, metterci alla prova. Anche rischiando di fallire. Perché prima di iscriversi alle scuole superiori nessuno ci fa fare un piccolo test e ci aiuta a capire quali carriere potrebbero essere più indicate, per noi, rispetto ad altre? (ai miei tempi non lo si faceva, ora magari la situazione è cambiata)
Anche un test come 16personalities (magari adattato ai più giovani) potrebbe funzionare, eh (io dovrei essere un INT-J, a proposito). Perché dobbiamo scoprirlo sempre dopo anni, dopo troppi esperimenti e ripetuti fallimenti?
Il sistema scolastico e del lavoro italiano è ancora troppo rigido e dogmatico. Ci si aspetta che dei quattordicenni decidano già il loro futuro, quando a quell'età si ha a malapena chiaro cosa significa la parola futuro.
È come se dovessimo progettare un lungo viaggio senza però sapere quale sia la destinazione finale. Finiremmo probabilmente fuori strada, per poi accorgerci di aver sbagliato direzione e dover fare marcia indietro. Perdendo tempo prezioso che potremmo risparmiare con una buona pianificazione.
Conosco diverse persone che hanno abbandonato o cambiato l'università perché si sono rese conto troppo tardi che quella non era la loro strada. Magari hanno scoperto una passione per tutt'altro, oppure hanno capito che il lavoro per cui stavano studiando non faceva per loro.
C’è sempre una via di mezzo tra il "lavorare con le proprie passioni" e avere un lavoro che non ci soddisfa pienamente ed è fatta di infinite sfumature.
Questo è un trend che già si inizia a delineare con i membri della Generazione Z che, ormai adulti, iniziano ad aver a che fare con le mille tortuosità della vita: finire gli studi, trovare una casa dove andare a vivere da soli e ottenere il lavoro che li renda autonomi. Realizzati, sì, ma senza esagerare.
E spesso determinati atteggiamenti - vedi l’aumento del job hopping - vengono considerati come poca voglia di lavorare.
Magari, invece, è perché la felicità nasce dall'allineamento tra ciò che siamo e ciò che facciamo. Perciò è fondamentale capire la prima cosa, e successivamente decidere la seconda. Conoscere il terreno dove costruire il nostro castello, per non veder crollare tutto qualche tempo dopo.
Del resto, come diceva Oscar Wilde:
“La vita è troppo breve per rimuovere gli errori passati. Meglio concentrarsi nel creare un futuro migliore”.
Dal momento che questo è un episodio motivazionale, perché non mettere i 40 insegnamenti (per quarantenni) di Mark Manson? Tipo “Se non sai mai dire di NO, i tuoi SI non varranno a nulla”.
Contenuti brandizzati: quali funzionano e quali no? Ce lo spiegano alcuni Youtuber di successo in questo approfondimento targato Google.
Quanto si guadagna DAVVERO in ambito tecnologico, IT, product management e marketing nelle aziende tech e digital in Italia? C’è questo portale che cerca di raccogliere quanti più dati e informazioni possibili.
Perché siamo così ossessionati dal personal branding? Perché siamo il reparto di marketing di noi stessi, aperto h24?
Mai e poi mai mi sarei potuto immaginare di cercare contenuti sulla cottura a bassa temperatura e capitare su un articolo di
. Ma tant’è. Ovviamente si parla di CBT, ma anche di community e brand reputation. Articolo con qualche anno sulle spalle ma ancora attualissimo.Quali sono le professioni a rischio con l’intelligenza artificiale? Tutte le professioni saranno interessate dall’IA. Ma quelle che richiedono livelli di istruzione medio-alti e i lavori creativi saranno quelli a subire le conseguenze maggiori. L’approfondimento de LaVoce merita una lettura attenta. Curioso anche constatare come quelle professioni che, probabilmente, verrebbero meno impattate dall’IA sono anche quelle che non vengono più valorizzate come una volta. Si pensi, ad esempio, alle professioni della moda, settore così strategico in Italia.
Una bella lettura di Priscilla de Pace sul perché abbiamo nostalgia della vecchia versione del web: “La nostalgia stessa è un sentimento che si alimenta della concettualizzazione spaziale del ricordo, che trasforma il passato in un «luogo» – reale o immaginario – a cui ritornare colmando la distanza con nuove forme di evocazione.”
Jessica Apotheker spiega cosa ne sarà del marketing ai tempi dell’intelligenza artificiale (sottotitoli in italiano):
Uso Meco già da alcune settimane e finalmente posso godermi le mie newsletter preferite fuori dalla casella email in tutta calma, leggendole in modo più pulito e ordinato. E l’app gratuita è fatta benissimo.
Lucidspark è un’app che serve per collaborare in tempo reale con clienti e collaboratori. Consente di lavorare su una tela infinita, ideale per il brainstorming e l'organizzazione dei pensieri. Una valida alternativa a Miro.
SparkReceipt permette di scansionare e digitalizzare ricevute, fatture e altri documenti per archiviarli nel cloud e analizzarli con il supporto dell'intelligenza artificiale. È gratuito, ma se passi a un piano a pagamento puoi invitare il tuo commercialista e mostrargli tutte le tue magagne.