Un abbraccio da Napoli!
L’episodio di oggi riprende, per certi versi, il filone narrativo della settimana scorsa. E un articolo di qualche mese fa, che avevo condiviso sulla newsletter e che recentemente ho potuto rileggere con più calma, ha confermato quello che sospettavo da tempo: il web sta diventando sempre più inospitale.
Intanto, informazione di servizio: per esigenze personali la newsletter tornerà fra qualche settimana. Spero più interessante e stimolante che mai!
A prestissimo,
Antonio
Sarà stata la pandemia, o forse un fenomeno iniziato molto prima, ma per proteggerci da questa brutalità, il trend vede gli internauti cercare rifugio in spazi alternativi sicuri e in community chiuse. Angoli nascosti in cui i predatori (guru, scammers, bot, hacker, stalker, haters, catfishers e Dio solo sa chi altri) non possono raggiungerci.
E dopo alcune ulteriori ricerche, mi sono imbattuto in una teoria, forse un po' datata, ma che merita di essere letta, perché ci fa riflettere su ciò che il web sta inesorabilmente diventando.
Immaginate la rete come una foresta buia e silenziosa. Potreste pensare che sia deserta, ma in realtà è densa di vita, e chi quella foresta la vive ogni giorno è preoccupato perché sa che i predatori sono costantemente in agguato. Ecco cosa sta diventando il web: una foresta oscura.
E che impatto avrà l'intelligenza artificiale su quello che ci circonda?
Beh, la situazione potrebbe solo peggiorare. Se da un lato c’è entusiasmo per gli algoritmi che ci libereranno da tanti compiti noiosi e ripetitivi, dall’altro lato c’è il rischio di inondare il web con inutili contenuti generici generati artificiosamente.
Pensi che i contenuti in prima pagina di Google siano già scadenti?
Aspettati allora miliardi di articoli copy paste per ogni possibile combinazione di parole chiave long tail, per non parlar di marketer spietati o influencer che creeranno post motivazionali automatizzati su LinkedIn e sui blog aziendali. Non solo testo: anche video su YouTube, TikTok, podcast e storie Instagram saranno generati combinando sistemi ML e rigurgitati su qualsiasi piattaforma in pochissimi click.
Una prospettiva inquietante.
Tuttavia, ci sono tentativi virtuosi di sfuggire a questo schema. I contenuti lenti su YouTube sono un esempio confortante, così come le newsletter. Ci piace immergerci in questi spazi perché donano una sensazione di tranquillità. Se Substack sta avendo successo, è perché qui c’è più empatia.
In luoghi come questi abbiamo l'impressione che stiamo dedicando il nostro tempo in modo intelligente, estraendone qualcosa di significativo, in un contesto di maggiore impegno intellettuale. Ma non è solo questo a spiegarne il successo; questi contenuti funzionano anche perché sono accoglienti. Ci avvolgiamo nel nostro plaid, con il laptop sulle ginocchia e una tazza di tè in mano, lasciandoci cullare da quello che leggiamo. Nulla può toccarci, mentre il tempo si dilata e ci si dimentica di tutto il resto, almeno per un po'. È come un profondo respiro dopo una vita passata in apnea.
Questa visione non è affatto mainstream, anzi, è piuttosto marginale. Sta a noi preservarla, anche solo un po', affinché sopravviva e non venga completamente divorata dai predatori. Per fare ciò, dobbiamo coltivare i nostri orticelli (o digital gardens - vedi immagine sopra), affinare i contenuti creati con amore e celebrare gli artigiani del web quando apprezziamo le loro opere. È così, lontano dai riflettori, attraverso il passaparola, che questa rete può trovare il suo posto e conservare un'idea diversa di connessione.
Ted Gioia ha fatto un'analisi che sottoscrivo totalmente: per avere successo sul web, serve sostanza. Spammare il pubblico incessantemente è una strategia perdente a lungo termine. A sostegno della sua teoria, ecco alcuni numeri:
Su Facebook, il tasso medio di coinvolgimento è diminuito del 34%, da 0,086 a 0,057. Ma gli stessi dati sono rilevabili ovunque. Il coinvolgimento è diminuito del 28% su Instagram e del 15% su Twitter (e grazie a Elon Musk continua ancora a scendere). Pure su TikTok, la situazione è in declino. Fino al 2020, il tempo medio giornaliero trascorso sull'app ha continuato a crescere così come il numero di utenti, ma la cosa sta catturando sempre meno la loro attenzione.
Non è solo una questione di statistiche, ma anche e soprattutto di sentimenti. Sulle grandi piattaforme, i nostri comportamenti sono costantemente inquinati dai bot. Facebook non è più il ritrovo degli amici di vecchia data che era una volta, Twitter è diventato un campo di battaglia per scammer, crypto bros e schemi Ponzi. Instagram, non è molto meglio.
Tutto questo ha portato ad alimentare una teoria ai limiti del complotto: ossia che il web abbia cessato di esistere dal 2016. The Verge addirittura parla di morte dei social network.
Sono boutade, certo, ma premono lì dove fa male, perché sì, una parte del web non è più umana e si sente e la nostra sfiducia sta toccando i minimi storici. Per quanto ancora il contenuto che vedrai online sarà reale? L’immagine del Papa col piumino bianco Balenciaga vale più di mille parole.
Per contrastare questa tendenza, è importante sostenere e promuovere contenuti autentici, creando una community che apprezzi genuinità e profondità.
Insomma, dobbiamo continuare ad ambire a contenuti di valore, mettendo in primo piano creatività ed intelletto umano.
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