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Il metaverso non sembra passarsela bene, soprattutto l’idea che ne fa Meta, aka Zuckerberg. Siamo noi, poveri stolti, a non vedere come i mondi virtuali saranno in grado di rivoluzionare le nostre vite come hanno fatto smartphone e internet, o si tratta di un concetto ancora molto fumoso?
Non passa settimana senza che nuovi progetti legati al web3 o al metaverso vedano la luce. Ma questi progetti sono realmente tutti pertinenti e fattibili? O è ancora tanto il vaporware intorno ad essi? Credo che la sensazione di fuffa sia riconducibile alle promesse eccessive e all'uso improprio del gergo e terminologia. È anche bene definire cosa sono web3 e metaverso così da comprendere meglio cosa distingue l’uno dall’altro e rendersi conto come sono due campi di attività, in vero, piuttosto differenti.
Negli ultimi quindici anni abbiamo assistito alla nascita di centinaia di tendenze, più o meno rivoluzionarie: dai chatbot al social audio passando per IoT e chissà cos’altro, ma con l'accelerazione dell'adozione di usi e tecnologie digitali, l'impressione è che ogni nuova tendenza abbia generato molto più immotivato entusiasmo rispetto a quanto non accadesse prima. È il caso del web3 e del metaverso, due concetti che hanno monopolizzato le discussioni tra i media e ipnotizzato i marketers. Ma quanto, di realmente innovativo, c’è in queste tecnologie?
Intanto l’hype è esploso lo scorso anno, ma la tendenza sta progressivamente scemando.
Come in altri campi, l’accumulo di promesse miste a risultati discutibili finisce per portare ad un certo scetticismo. Nonostante tutto, il numero di articoli, discussioni, panel e festival dedicati è ancora molto alto. L’obiettivo è pur sempre nobile: cercare un nuovo internet e mostrarci a pieno i suoi usi dirompenti. Al momento però i risultati sono ancora scarsi, se non grotteschi o quantomeno stravaganti. Il contesto è ancora troppo incerto, e forse, il problema fondamentale è che non è ancora chiaro cosa sia il web3 e cosa il metaverso, e perché vengono spesso usati uno come sinonimo dell’altro, quando nessuno di essi è ancora ben definito.
Iniziamo con la definizione di web3: un nuovo livello di maturità negli usi, nelle tecnologie e nelle pratiche digitali sul web. Contenuti, prodotti o servizi innovativi, basati su tecnologie aperte o decentralizzate, che hanno l'obiettivo di offrire un'alternativa a marketplace e aggregatori che hanno invece la tendenza ad accentrare tutto (es. Google, Facebook, Amazon, ecc.) o istituzioni tradizionali (es. banche).
In sintesi, il web3 è un ideale, un modo per trovare soluzioni nuove ai problemi attuali: una ridistribuzione della ricchezza grazie alle criptovalute, una più equa condivisione del valore (che è ora monopolizzato dalle piattaforme della Silicon Valley), una messa in discussione dell’oligopolio pubblicitario, un'alternativa alle istituzioni tradizionali governate dai soliti noti. E tutto questo grazie alla blockchain.
Invece, il metaverso, che diavolo è?
Il metaverso è un mondo immersivo in cui avatar possono vivere diverse tipologie di esperienze, all'interno di ambienti virtuali.
Non appena si guadagna un minimo di familiarità, ci si rende subito conto che i due concetti hanno pochissime aree di sovrapposizione, se non grazie alla blockchain, l'infrastruttura tecnica che, al momento, sta mostrando di portare più criticità che benefici.
Progettare, implementare e governare un progetto web3 infatti, è estremamente complesso, poiché il principale fattore chiave di successo o fallimento risiede nell'equilibrio della distribuzione della ricchezza, del potere e nell’engagement della community (la cosiddetta tokenomics).
Allo stesso modo, sviluppare e mantenere un progetto legato al metaverso è una vera e propria sfida, soprattutto tecnica (si pensi solo al rendering grafico per sviluppare i mondi virtuali 3D).
Mentre i progetti web3 con un occhio al metaverso sono attualmente riservati, i progetti legati al metaverso e che includono il web3 sono più comuni. Penso innanzitutto a The Sandbox o Decentraland, i due universi virtuali più conosciuti.
Ma nonostante gli editori cerchino di farci credere che il metaverso sia il nuovo place-to-be, il gradimento degli utenti sembra mostrare qualcosa di diverso: uno studio recente ci dice infatti che ci sarebbero solo poche centinaia di utenti attivi e coinvolti su Decentraland.
Ma veniamo al nocciolo della questione: il web3 ha bisogno del metaverso (o viceversa)?
Da una parte sul web3 vengono raccontate molte fesserie, soprattutto da promoter senza scrupoli che cercano guadagni facili con crypto scam e token digitali. Consultando siti come Dappradar, scopriamo che la maggior parte delle app di web3 sono finanziarie o di gambling. Dall’altra abbiamo esperienze ludiche e social controllate, cioè organizzate e gestite da un'unica piattaforma, così come i concerti in Fortnite, e non in un ambiente virtuale aperto, libero e interoperabile come OpenSim.
Ecco, ora sarai d'accordo sul fatto che il web3 non è collegato al metaverso, almeno non negli usi correnti. Sono due concetti diversi, basati su promesse differenti. Usare i due termini in modo intercambiabile, è solo una bieca opera di scontatissimo marketing.
Veniamo indotti a credere che il futuro del metaverso siano le riunioni virtuali. Ma, anche in questo caso, considero la videoconferenza immersiva come una semplice boutade da salotto. Si parla ancora di Zoom fatigue e ci si vuole infilare un visore sul volto per 2 o 3 ore di fila? Stesso discorso per il metaverso a scuola. Siamo davvero sicuri che questo sia quello di cui hanno bisogno i più piccoli?
Anche considerare gli NFT come il futuro delle brand community è quantomeno azzardato, quando sono solo una riformulazione di programmi di fidelizzazione smaterializzati. Sono convinto che il vero potenziale per gli inserzionisti risieda più nella community stessa che nei token digitali.
Ergo, web3 e metaverso sono due concetti distinti che difficilmente possono essere conciliati per ragioni tecniche e funzionali, oggi e chissà nei prossimi anni.
Ma, come sempre, il mio è un approccio pragmatico che consiste nell'osservare, analizzare e valutare il potenziale senza pregiudizi: non serve prendere posizione oggi, poiché sono dinamiche in continuo miglioramento e c’è una evoluzione costante di queste nuove tecnologie.
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Di blanding, e del perché sembra tutto uguale ne avevo già scritto tempo fa. Questo articolo approfondisce il tema e lo integra con ulteriori dettagli sull’estetica della Generazione Z.
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iA Presenter
Ultimamente sono state lanciate diverse nuove app per creare slide e presentazioni professionali, ma iA Presenter ha tirato fuori qualcosa di differente. Invece del classico processo di creazione per diapositive, questa app consente di creare slide come se si stesse scrivendo un articolo. Disponibile al momento solo su MacOS ed in versione beta.
Rewind
Un vero e proprio motore di ricerca del tuo passato digitale. Promette di farti ritrovare tutto quello che hai visto, detto o sentito online.
Camo
Perché usare la webcam del laptop quando puoi usare quella (spesso molto migliore) del tuo smartphone? Con Camo, colleghi il Mac o PC al tuo iPhone o Android e puoi effettuare call con qualsiasi app.