Avevo scritto, in una delle prime newsletter dell’anno, un elenco di obiettivi. Uno di questi era prendersi cura del mio corpo e andare in palestra (come se la salute fosse una voce di una to-do list, che basta spuntare…vabbè). Purtroppo, non l’ho fatto quasi mai. Forse per pigrizia, forse perché la paternità drena energie sia fisiche che mentali. O forse perché prendersi cura davvero di sé richiede una disciplina che non è solo fisica, ma mentale.
C’è però chi sul tempo e denaro da dedicare al proprio corpo, non scende a compromessi.
Sto parlando di Bryan Johnson.
Eccolo qua:
Dietro a questa faccia da ragazzino si nasconde un imprenditore ricco, atletico e famoso soprattutto per aver fondato la piattaforma per pagamenti Braintree e per essere uno dei più importanti investitori americani.
Circa un mese fa, ha lanciato una sorta di framework che promette di far vivere più a lungo e che ha un nome che è tutto un programma: Don't Die.
we are at war with death and its causes
In realtà, la ricerca dell’eterna giovinezza non è una cosa nuova per lui, ci lavora dal 2021. All'epoca, aveva rivelato di essere riuscito a togliersi ben 8 anni di età biologica rispetto a quella anagrafica, grazie a diete ferree, massiccio utilizzo di integratori alimentari, analisi e cure mediche un po' borderline e tantissimo sport. A partire dalla sua situazione personale, ha deciso poi di creare un vero e proprio Blueprint, una guida che, a suo dire, permetterebbe di combattere l'invecchiamento fisico e psicologico.
I fan di Bryan Johnson (c’è un bel gruppetto su Reddit, r/blueprint, dove esaltati come lui si scambiano consigli su come fare il patto col Diavolo) sono abbastanza a loro agio con l'idea di misurare ogni singolo valore medico e potenziarlo con la tecnologia. Per lui e per loro, tutto nel corpo umano si può misurare. E se si può misurare, si può anche migliorare.
Quello che salta subito all’occhio guardando l’app di Don't Die è che sprona costantemente i suoi utenti gamificando l’attività fisica, elargendo consigli su come dormire meglio e, in generale, su come controllare la loro vita, riducendo i propri organismi ad una serie di dati biologici. La community è aperta a tutti quelli che vogliono migliorare la propria salute con i dati, la sperimentazione personale e le scoperte scientifiche. Oltre all’app, ci sono eventi online e dal vivo (che lui chiama raduni filosofici e metodologici) e il linguaggio comune è basato su trasparenza, moderazione e disciplina.
Possiamo dire quello che vogliamo di Bryan, ma bisogna ammettere che ha preso delle soluzioni mediche (noiose) e le ha trasformate in un nuovo stile di vita, basato su valori tutto sommato positivi e lo ha fatto riuscendo a creare una community appassionata. Fanatica per certi versi.
Se funzionerà o meno questo progetto lo scopriremo tra qualche anno, ma per ora le sue idee ci fanno fare una riflessione importante: fino a che punto siamo disposti a spingerci con la tecnologia? Certo, vivere meglio e più sani è importante, ma a che prezzo?
Nelle sue pratiche c’è quel tecnosoluzionismo che caratterizza l'approccio di tante personalità del mondo tech: una sfiducia nell'imperfezione umana che conduce ad una incondizionata fede nella tecnologia, percepita come onnipotente e onnisciente. Questa prospettiva, pur nella nostra attuale consapevolezza di essere già schiavi di schermi e algoritmi, non ci sottrae dal considerare la futura (e più pericolosa) dipendenza in ambito medico e sanitario.
Ma come ha fatto a creare una community così forte e affezionata?
Data storytelling e Build in public
Bryan Johnson ha puntato sempre sulla trasparenza più totale, condividendo qualsiasi dato. Dall’età biologica ai livelli di testosterone. I numeri diventano prove, e le prove diventano storie. E ogni cambiamento del progetto viene condiviso in tempo reale: aggiustamenti, errori, test, novità. Non c’è più un aspetto fisico di Bryan che abbia segreti, tanto da arrivare a misurare (e condividere) anche le sue erezioni notturne. E ha adottato la prassi consolidata, condivisa da numerose startup, di divulgare integralmente le lezioni e gli insegnamenti emersi durante il percorso.
Gamification
L’app di Don't Die usa meccanismi presi in prestito dal mondo del gaming: punteggi, classifiche, sfide di gruppo. Tutte cose che aiutano a coinvolgere gli utenti e a creare un senso di miglioramento continuo.
Narrazione distopica
Come Bryan Johnson racconta tutto il suo progetto è da premio Oscar navigato. Ogni parola è levigata, scelta e calibrata con meticolosità. Nulla è mai lasciato al caso. E poi il controllo sul racconto è così serrato da sfiorare il paranoico: pretende accordi di riservatezza da dipendenti e amici, come se la sua intera esistenza fosse un brevetto top-secret.
Non possiamo nemmeno ignorare come questa religione della longevità si inserisca in un contesto ben più ampio. Infatti, negli ultimi anni è esplosa la pratica del biohacking: integratori nootropi, allenamenti estremi, alimentazione di precisione e A/B test personali per migliorare corpo e mente con l’ausilio della tecnologia.
Uno dei profeti di questo movimento è Andrew Huberman, professore di neuroscienze a Stanford, diventato famoso per il suo podcast Huberman Lab, che ogni settimana spiega ai suoi adepti come migliorare sonno, concentrazione, sistema immunitario, forza mentale. Huberman, pur mantenendo un approccio scientifico, promuove di fatto il biohacking quotidiano: esporsi alla luce naturale nei primi 60 minuti dopo il risveglio, controllare attentamente l'assunzione di caffeina o prendere alcuni aminoacidi per il recupero muscolare. Anche in questo caso le community online, come r/Biohackers, sono nutrititissime e accesissime.
C’è da dire che la tendenza ad hackerare il proprio corpo non resta confinata ai nerd della Silicon Valley o ai fanatici della longevità. Sta diventando anche un linguaggio politico, estetico. In un certo senso, ideologico.
Pochi giorni fa, Bloomberg ha pubblicato una brillante analisi su un fenomeno emergente: la trasformazione dell’uomo conservatore americano medio. Secondo l’autore, la nuova estetica della destra radicale non è più quella del redneck sovrappeso e un po’ sciatto: oggi l’uomo del MAGA (Make America Great Again) è palestrato, disciplinato, ossessionato dalla salute, dalla longevità e dal miglioramento personale ed economico. Palestra, dieta, testosterone, supplementi vari: il self-optimization sta diventando un cavallo di battaglia culturale. Un modo per mostrare forza e purezza morale attraverso il proprio corpo.
L’ossessione per il miglioramento fisico e biologico è quindi anche un simbolo tribale. Un segnale di appartenenza, che passa dal sudore in palestra più che dalle idee.
Anche in Italia, il credo di Johnson e la pratica del biohacking si stanno diffondendo gradualmente, ma c’è da dire che l’interesse per il ringiovanimento fisico non è mai mancato. Già da qualche annetto a Milano sono arrivate le prime Longevity Suite, cliniche di lusso che offrono crioterapia, trattamenti iperbarici, sauna a infrarossi, programmi di nutrizione anti-aging e check-up biometrici completi. Più che centri medici, sembrano delle spa del futuro per chi può spendere un sacco di soldi pur di guadagnare qualche anno di vita biologica.
Più lucidi, più longevi, più performanti. Il marketing si traveste da scienza e da verità, mescolando numeri, hacking e storytelling in un unico racconto. Un racconto che ci dice che non sei in forma perché non ti alleni abbastanza. Che non dormi bene perché non hai ancora scaricato l’app giusta. Dove il problema, insomma, sei tu. È un marketing che finge di liberarci, ma ci inchioda all’idea che ogni nostro malessere sia un errore da correggere, un bug personale da fixare.
In ogni caso, tutto si concentra in un punto ben saldo: la morte non si può evitare.
Ma forse, e dico forse, si può rimandare di qualche anno.
Le aziende tecnologiche cinesi stanno diventando sempre più simili a dei coltellini svizzeri tech, poiché iniziano in un settore ma si espandono rapidamente in aree tecnologiche adiacenti. Non c’è una Apple, ma una pletora di ecosistemi tecnologici e industriali sovrapposti che si fanno forza l’un l’altro. Questo articolo di Kyle Chan approfondisce egregiamente il fenomeno.
Se sei entrato nell'industria dei media negli anni '90 è assai probabile che tu ora stia facendo qualcosa di diverso. Questo perché queste industrie sono state radicalmente trasformate, lasciando fuori molti di coloro che vi lavoravano. E, ultimamente, tanti lavoratori con esperienza in campi creativi stanno scoprendo dolorosamente sulla propria pelle, come molte delle loro competenze siano ormai obsolete. Anche questa considerazione di Alastair Allday, un creative strategist inglese fa pensare e fa male: “I dunno about you, but my LinkedIn feed is full of creative people out of work”.
Una bella idea di co-branding: il Kleenex Score. Un modo per valutare i film in base a quante lacrime ti hanno fatto versare.
Alcuni giovani guadagnano più di 36.000 dollari all'anno affittando i loro vestiti o speaker su piattaforme come Pickle o Yoodlize. La prossima generazione arriva con una mentalità da squalo, prepariamoci.
Futurepedia è un bell’archivio di strumenti di intelligenza artificiale, catalogati e ordinati per tipologia.
Margins è un'app caruccia per tenere traccia di tutti i tuoi libri. Puoi valutarli, indicare quando hai iniziato o smesso di leggerli, segnare chi te li ha consigliati e scegliere la copertina per la tua galleria. E ha pure la ricerca semantica. Molto più fresh di Goodreads.
Se hai qualche capello bianco forse ricorderai Limewire. Bene, da software per download di file mp3, si è trasformato in una piattaforma di file sharing come WeTransfer, ma con qualche funzionalità aggiuntiva (come la possibilità di editare i file).
Meco è dove posso godermi le mie newsletter preferite fuori dalla casella email in tutta calma, leggendole in modo più pulito. E l’app, sia per iOS e ora anche per Android, è fatta molto bene.
Super interessante 👏
Ciao Antonio, sul tema consiglio l'ultima uscita del podcast di Dario Vignali con una bella chiacchierata con il Dott. Valerio Rosso. Ve la lascio qui per chi volesse approfondire: https://open.spotify.com/episode/6YGhc9B86lkoCT4rz5Aaxr?si=JTzL7PR2TRmZvM8DtLtDFA